Supplica a mia madre, Pier Paolo Pasolini
è difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Poesia in forma di rosa (1961-1964), Garzanti, Milano 1964.
La poesia “Supplica a mia madre” fu scritta da Pier Paolo Pasolini il 25 aprile 1962 e fu inserita nella prima edizione del libro “Poesie in forma di rosa” pubblicato nel 1964, nella prima sezione, “La Realtà”, della quale è la quarta poesia. La critica letteraria Marta Sambugar presenta in questi termini il contenuto della poesia: «In questa lirica, struggente e spietata nella sua lucida analisi, il poeta svela alla madre quel segreto che da sempre Pasolini conosce e tiene nascosto nella sua anima: l’omosessualità, mai del tutto pienamente accettata dal poeta, è da attribuirsi al suo amore unico, insostituibile per la madre, la sua impossibilità di amare qualsiasi altra donna. E non accettando pienamente questa condizione, la sua ricerca è volta a “corpi senza anima”, giacché la sola anima che può amare è quella di sua madre» (da LIEM – La nuova Italia – Vol. II – Pag. 640). Il tema della poesia è l’amore controverso ed irrisolto del poeta verso la madre, un amore vertamente edipico. Pasolini in una versione precedente ha chiarito bene il finale della poesia, scrivendone una variante: “Finita, dico, nel tempo, non nella sua luce. Non si sa mai dove i decenni conducono. Si sopravvive. I sensi sono sempre completi i giorni del futuro hanno i vecchi segreti… ti supplico, ti supplico: non voler morire pensa a me solo al mondo, altro non posso dire”. Sconvolgente e toccante allo stesso tempo.
Un saluti ai miei alunni di due cicli consecutivi: il VA e il VC scientifico, che ne hanno fatto analisi e recensioni diverse, che ancora conservo. Mitici ragazzi!
latineloqui69