L’ordine del tempo

“Noi come i dinosauri?”

Un altro capolavoro della grande registra Liliana Cavani

“L’ordine del tempo” è un film drammatico di Liliana Cavani con Alessandro Gassmann, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Ksenia Rappoport, Richard Sammel, Valentina Cervi, Fabrizio Rongione, Francesca Inaudi, Angeliqa Devi, Angela Molina e la giovanissima  Alida Baldari Calabria. Tratto dall’omonimo libro di Carlo Rovelli, il film parla di una reunion di amici ed ex compagni di studi e di giovinezza, che, invitati da Pietro (Gassmann) in occasione del cinquantesimo compleanno della moglie Elsa (Gerini), si ritrovano per festeggiarla nella loro bellissima villa sul mare a Sabaudia (con il meraviglioso promontorio del Circeo sullo sfondo). Fra loro ci sono ben tre esperti di fisica: Enrico, da sempre innamorato di Paola, che però è venuta alla festa con il marito Viktor; Greta, accompagnata dallo psicanalista Jacob; e la ricercatrice Giulia. A loro si aggiunge la giornalista Jasmine. Due degli scienziati sanno qualcosa che è ignoto a tutti gli altri: l’asteroide Anaconda (inquietante nomen omen) sta viaggiando a velocità altissima attraverso il sistema solare e sta per abbattersi sulla Terra, distruggendola. La prima domanda è quella che pone (ingenuamente?) Pietro agli amici: “Esiste un modo per deviare la traiettoria di questo “sasso”?”. Ovviamente no! La seconda è quella più naturale nel mondo dell’iperconnessione: “Allora perché non se ne parla da nessuna parte?”. Perché, come “Don’t look up” insegna, non si può diffondere il panico, che sarebbe catastrofico prima ancora della catastrofe prevista. E allora? Allora non resta che attendere il momento dell’impatto, che cancellerà dalla faccia della terra il genere umano (per un motivo naturale, fisico e biologico insieme, che Enrico, a richiesta, spiega con dovizia di particolari), esattamente come avvenne con i dinosauri alla fine del Cretacico (66 milioni di anni fa) a causa dell’impatto di un asteroide nel Golfo del Messico. In questo caso è stato calcolato che l’esatto luogo di impatto sarà Lima, la capitale del Perù, dove pare che qualcuno (nonostante l’ordine di tenere top secret l’evento apocalittico) sia a conoscenza del fatto e ne parli.  Di conseguenza ne è al corrente anche la colf peruviana della villa di Pietro ed Elsa, che pone domande angosciate ad Enrico, pretende risposte che lui non le può dare, è decisa a partire nel giro di poche ore per tornare nel suo Paese e raggiungere suo figlio, cui vuole tener compagnia in quelle che potrebbero essere le ultime ore della loro vita.  Una volta appurata l’incontrovertibile verità dell’evento, per il gruppo di amici non resta che attendere. E sperare. E magari pregare… Ognuno di loro, dato che sa di poter essere spazzato via dalla Terra e dalla vita da un momento all’altro, inizia naturaliter a fare un bilancio della sua esistenza e soprattutto della sua relazione (o non-relazione).

E non vado avanti con la bellissima trama, perché DOVETE VEDERE IL FILM finché è nelle sale!

“Pensiamo di avere un tempo infinito e poi ci accorgiamo di non averne più”, dicono questi cinquantenni. E invece, come diceva il nostro maestro di vita del I sec. d.C., Seneca, “Ci è stata data un vita abbastanza lunga e per il compimento di cose grandissime, se venisse spesa tutta bene; ma quando si perde tra il lusso e la trascuratezza, quando non la si spende per nessuna cosa utile, quando infine ci costringe la necessità suprema, ci accorgiamo che è già passata essa che non capivano che stesse passando. È così: non abbiamo ricevuto una vita breve, ma la rendiamo tale, e non siamo poveri di essa ma prodighi. Come ricchezze notevoli e regali, quando sono giunte ad un cattivo padrone, in un attimo si dissipano, ma, sebbene modeste, se sono state consegnate ad un buon amministratore, crescono con l’uso, così la nostra vita dura molto di più per chi la dispone bene.“ (Lucio Anneo Seneca, De brevitate vitae). Il suo invito, fatto proprio dalla regista di questo film, quindi, è ad usare il tempo in modo qualitativo, non quantitativo!

La regista Liliana Cavani

La regista Liliana Cavani in una foto di qualche anno fa

Complimenti a Liliana Cavani, giustamente premiata con il Leone d’oro alla Carriera al Festival del Cinema di Venezia 2023,  che dall’alto dei suoi splendidi novant’anni (en passant ricordo che il grandissimo drammaturgo greco Sofocle compose all’età di novant’anni il suo bellissimo “Edipo a Colono”, poi rappresentato postumo da un nipote omonimo alle Dionisie del 401 a.C.) e dopo ben ventuno anni dal suo ultimo lavoro ci racconta lucidamente il SUO rapporto con il tempo, con la vita e la morte, con la scienza e la religione, e ci invita a pensare al NOSTRO.

A tal proposito, registro anche la bellezza del personaggio di Suor Raffaella, monaca Clarissa magistralmente interpretata da Angela Molina: pura, semplice, essenziale, pervasa di amore mistico ma non per questo “teologa e basta” (nei suoi studi precedenti ai voti era stata anche lei una studiosa di Fisica!). Chiusa nella meravigliosa abbazia di Fossanova, è raggiunta dall’amica Giulia (la sempre più brava Francesca Inaudi), che spesso – per quanto non credente – trova in lei una guida e un “bilanciamento” della sua vita. Come in questo caso.

Il messaggio della regista è dunque chiaro e provocatorio insieme. Si potrebbe sintetizzare in una semplice domanda: noi come ci comporteremmo se sapessimo che il mondo sta per finire? Ovvio: ci comporteremmo proprio come OGNUNO dei protagonisti del suo film, arrivando alla conclusione che nel mondo e nella vita l’unico tempo non sprecato è quello dedicato agli affetti. All’amore, in OGNI sua forma. Tutto il resto non conta NULLA! E deve aver colto davvero nel segno, visto che alla fine della proiezione la sala del cinema (che non era grandissima, ma era senza dubbio gremita e senza neppure UN posto libero!) è rimasta per una manciata di minuti immersa nel più totale silenzio della catarsi. Quello che era necessario per continuare a riflettere, come avveniva appunto alla fine della rappresentazioni delle tragedie greche!

Per chiudere, mi limito ad un’unica osservazioni doverosa e “da prof”: si dice KAIRòS, non KàIROS! Nella bellissima scena iniziale, in cui Elsa sta facendo “ripetizioni” alla figlia adolescente, che ha avuto il debito formativo in greco (♥) quell’estate, si parla delle due diverse concezioni di tempo che avevano i Greci: kairòs (appunto) e chronos (si cita poi anche eniautòs, che però è solo una misurazione del secondo, quindi NON “un terzo tipo di tempo”). Ma al di là di quest’inezia, registro l’emozione di sentir citare il mito di Alcesti e Admeto in un film per il grande pubblico (ottimo spunto per parlare della parità di genere!) e l’inquadratura sul vocabolario di greco ROCCI, tra l’altro non quello dell’ultima edizione (che potrebbero riconoscere solo gli attuali adolescenti), ma quello dell’edizione degli anni Novanta! Una vera chicca!

In estrema sintesi, un film prezioso. Da non perdere! E tenete SEMPRE a mente il titolo e soprattutto la bellissima locandina!

(dati essenziali della trama tratti da https://www.mymovies.it/film/2023/lordine-del-tempo/)