Sull’alternanza scuola/lavoro

A proposito dell’alternanza scuola/lavoro: riflessioni a margine

“I percorsi di alternanza scuola lavoro di cui al D.L . 15 aprile 2005, n. 77, sono ridenominati percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento e, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019, con effetti dall’esercizio finanziario 2019, sono attuati per una durata complessiva: a) non inferiore a 180 ore nel triennio terminale del percorso di studi degli istituti professionali; b) non inferiore a 150 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi degli istituti tecnici; c) non inferiore a 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei licei”. (Art. 57, comma 18 del testo del DEF)

PARTIAMO DAL NOME (nonne nomina sunt consequentia rerum?): da “Alternanza scuola/lavoro” a “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.

Si tratterà di un cambiamento solo di terminologia, fatto tanto per dare l’idea della rivoluzione, oppure sarà davvero un cambianento anche di sostanza? Speriamo davvero che quello che si è presentato come “il governo del cambiamento” non voglia solo far finta di cambiare lo status quo… Qual è lo status quo? Semplice: un numero esagerato di ore (mi limito alle 200 per i licei, visto che solo di questo ho esperienza sul campo…) a causa delle quali intere classi vengono “portate via” dalle aule scolastiche per andare a fare attività di ogni genere (lo “scandalo” del Mac Donald insegna…) sul territorio (quando non in altre regioni o all’estero…).  Ma partiamo pure dal presupposto che la scuola si abbastanza seria da selezionare e offrire ai ragazzi attività REALMENTE valide e formative: resta il fatto che 200 ore sono troppe e chiunque abbia insegnato anche solo un triennio nella scuola sa che è così! In 200 ore si svolgono macroporzioni di programmi di storia, di filosofia, di scienze, di inglese, di italiano, di matematica e fisica. I programmi sono sempre più una chimera da quando si è insediata la famigerata alternanza scuola/lavoro nelle programmazioni di noi docenti, che facciamo i salti mortali per cercare di completare un programma dignitoso dal punto di vista NON TANTO dei contenuti (da decenni ormai quasi nessuno lavora così…) quanto delle competenze! Ci riempiamo tanto la bocca di corsi di aggiornamento sulle competenze ai quali veniamo “spediti” per essere aggiornati sulla didattica e poi non riusciamo a mettere in pratica quasi nulla di quello che vi apprendiamo!  Quali discipline migliori di storia, di filosofia, di scienze, di inglese, di italiano, di matematica e fisica per apprendere e mettere in pratica competenze? Perché- non nascondiamocelo per puro “quieto vivere”…-  200 ore di ore in meno in classe significano realmente 200 ore di studio in meno, e questo significa davvero impedire che questi liceali imparino a padroneggiare anche a livello elementare le quattro abilità di base su cui si basa il nostro bagaglio culturale, quelle abilità che costituiscono il loro portfolio delle competenze del loro futuro! Ovviamente avranno “assaggiato” il mondo del lavoro, si saranno resi conto di cosa significa realmente “andare a lavorare” (e in questo potrebbe stare il buono della riforma…), ma a che prezzo? Al prezzo di una taglio drastico dei programmi scolastici, che nessuno di noi (anche senza la famigerata “Alternanza”) riesce mai a concludere da anni e  non certo per sua incapacità o inerzia, bensì perché ogni classe ha le sue specificità, le sue criticità, le sue esigenze, ed è impossibile far finta di niente, in nome del “dio-programma”! I ragazzi di oggi (che espressione! mi viene in mente una vecchia canzone di Miguel Bosè…) hanno bisogno di essere stimolati ogni giorno e ad ogni piè sospinto: già è difficile tenerli attenti per una quarantina di minuti, figuriamoci se potrebbero seguirci dietro una carrellata di autori/ pensatori/ scienziati/letterati/artisti! Dopo un po’ inizierebbero a sbadigliare o a smanettare sul loro smartphone, con buona pace di qualsiasi regolamento di istituto… Noi docenti dobbiamo realmente “inventarci i draghi” per trovare il modo giusto, il percorso migliore, l’ottica più efficace, il canale comunicativo più accattivante per farci seguire… E per fare questo serve tempo, tanto tempo! Se le classi ci spariscono (letteralmente) dalle aule e tutto questo percorso si interrompe più e più volte non resta nulla dentro di loro! Lo studio è un lavoro che ha bisogno di tempo, di molto tempo, nonché di metodica applicazione, ma anche di noiosa ripetizione- se vogliamo. Deve sedimentare dentro i discenti, se no non dà frutto! Solo così si attivano le sacre competenze di cui sopra! Possibile che nessuno di coloro che ci propinano una riforma della scuola dietro l’altra sappia niente di tutto ciò?

Quello che l’attività di alternanza scuola/lavoro lede (nella forma in cui ci è piombata tra capo e collo in questi ultimi anni…) è il sacrosanto diritto allo studio sancito dalla nostra Costituzione.

In questa direzione potrebbe (il condizionale è d’obbligo…) andare il DDL n. 679,  “Norme in materia di alternanza scuola lavoro”, presentato dalla senatrice Bianca Laura Granato (M5S) e assegnato alla VII Commissione permanente del Senato (istruzione pubblica, beni culturali, ricerca), che non solo prevede una drastica riduzione dell’alternanza a 100 ore per tutti, senza distinzioni tra licei, istituti tecnici e professionali, ma soprattutto  prevede l’obbligatorietà dello svolgimento delle ore di alternanza in orario extracurricolare. In questo modo sarebbero parzialmente salvaguardate le ore di “scuola” (nel senso tradizionale del termine) e  gli studenti potrebbero tornare ad avere tempi regolari e distesi per lo svolgimento delle lezioni e dei compiti, per lo studio, per i recuperi, per gli approfondimenti (che- non so se sia solo una mia esperienza- ormai non c’è più tempo di fare in nessuna disciplina per caiuse di forza maggiore!).

FORSE in questo modo potrebbe essere restituito allo studio il suo valore originario, quello che ha fatto per decenni del nostro Paese uno dei paesi con il miglior sistema di istruzione.  Ora  –leggo in questo momento con sommo rammarico- l’Italia si piazza nientemeno che al penultimo posto in Europa per la percentuale di laureati (Eurostat 2018) e al quartultimo posto nel mondo per analfabetismo funzionale (Ocse-PIACC 2018).  Perché all’improvviso siamo precipitati così in basso? Anche a causa delle continue riforme (o meglio, dei tentativi di riforma…) del mondo della scuola. Nel calcio – mi dicono- “squadra che vince non si cambia”. Perché questo non vale anche nel sistema dell’istruzione? Perché è stata buttata giù dalle fondamenta l’idea di una scuola formativa, centrata sull’educazione e sulla formazione di una coscienza critica, la famosa fucina dei futuri cittadini?

Ora nella bozza di ennesima riforma si parla di  “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”  e noi speriamo che ci sia spazio SOLO per  progetti formativi davvero significativi sul piano culturale e SOPRATTUTTO per le attività di orientamento universitario: in questo modo questa attività POTREBBE essere complementare a quella che noi docenti facciamo in classe tutti i santi giorni, anche in direzione di un sano orientamento universitario post-diploma (esiste la Funzione strumentale dell’Orientamento in uscita in tutte le scuole superiori del Regno, lo sapete?).

Però noi abbiamo bisogno di sapere che quando entriamo in classe trovereremo gli studenti a cui far lezione, abbiamo necessità di avere (ogni tanto) il pavimento fermo sotto i piedi! E invece no… Ogni tanto (molto spesso) cambiano le regole del gioco, ci sentiamo fare richieste diverse da ciò per cui abbiamo lavorato per decenni. Talvolta ci sembra di camminare sulle sabbie mobili, credetemi!

Nel frattempo, però, tutti aspettiamo novità.

Noi insegnanti aspettiamo l’approvazione definitiva della legge di bilancio per avere la certezza dell’esistenza in vita di queste nuove disposizioni e dunque per poterle applicare nelle scuole. Aspettano le nostre programmazioni (e chi ha insegnato almeno un triennio nella scuola sa bene quanto siano importanti…), nelle quali non sappiamo che tipologia di verifica inserire, dato che la Prima Prova è stata modificata in toto rispetto ai decenni precedenti e della Seconda Prova non si sa nulla più di una definizione generica e fumosa. Sappiamo solo che la Terza Prova è morta, quindi possiamo non valutare più con quello strumento, che abbiamo perfezionato con santa pazienza a partire dal 1999, quando la “scoprimmo” per la prima volta. Sappiamo inoltre che il tradizionale “Tema storico” non esiste più, essendo stato “tagliato via con un colpo di spugna” dalle tipologie di temi (e anche su questo ci sarebbe molto da dire…).  E questo nel frattempo ci dovrebbe bastare…

Aspettano (un po’ meno pazientemente) gli studenti del quinto anno, che, nel frattempo, “navigano a vista” nel più generale disorientamento, senza sapere cosa sarà loro chiesto al prossimo esame di Stato  di giugno 2018 e in che forma.

E dato che parliamo di competenze (non di semplici conoscenze, alle quali si potrebbbe rimediare con insulsi riassuntini da manabili…) questo ritardo mi sembra una cosa davvero grave…

fonte di riferimento: https://www.orizzontescuola.it/alternanza-scuola-lavoro-100-ore-in-3-anni-spese-per-lorientamento-universitario-proposta-m5s/

latineloqui69