Montale e la poesia. La poesia e noi

Eugenio Montale – È ancora possibile la poesia?

Il premio Nobel è giunto al suo settantacinquesimo turno, se non sono male informato. E se molti sono gli scienziati e gli scrittori che hanno meritato questo prestigioso riconoscimento, assai minore è il numero dei superstiti che vivono e lavorano ancora. Alcuni di essi sono presenti qui e ad essi va il mio saluto e il mio augurio. (…)  Ho scritto poesie e per queste sono stato premiato, ma sono stato anche bibliotecario, traduttore, critico letterario e musicale e persino disoccupato per riconosciuta insufficienza di fedeltà a un regime che non potevo amare. Pochi giorni fa è venuta a trovarmi una giornalista straniera e mi ha chiesto: “Come ha distribuito tante attività così diverse? Tante ore alla poesia, tante alle traduzioni, tante all’attività impiegatizia e tante alla vita?”. Ho cercato di spiegarle che non si può pianificare una vita come si fa con un progetto industriale.  Nel mondo c’è un largo spazio per l’inutile, e anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell’inutile alla quale sono sensibili particolarmente i giovanissimi. In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo, e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile. Sono qui perché ho scritto poesie: sei volumi, oltre innumerevoli traduzioni e saggi critici. Hanno detto che è una produzione scarsa, forse supponendo che il poeta sia un produttore di mercanzie; le macchine debbono essere impiegate al massimo. Per fortuna la poesia non è una merce. (…)  La poesia tende a schiudersi in forme architettoniche, sorgono i metri, le strofe, le cosiddette forme chiuse. Ancora nelle prime saghe nibelungiche e poi in quelle romanze, la vera materia della poesia è il suono. Ma non tarderà a sorgere con i poeti provenzali una poesia che si rivolge anche all’occhio. Lentamente la poesia si fa visiva perché dipinge immagini, ma è anche musicale: riunisce due arti in una. Naturalmente gli schemi formali erano larga parte della visibilità poetica. Dopo l’invenzione della stampa la poesia si fa verticale, non riempie del tutto lo spazio bianco, è ricca di « a capo » e di riprese. Anche certi vuoti hanno un valore. Ben diversa è la prosa, che occupa tutto lo spazio e non dà indicazioni sulla sua pronunciabilità. (…)  Sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità. Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione. Il tempo si fa più veloce, opere di pochi anni fa sembrano «datate» e il bisogno che l’artista ha di farsi ascoltare prima o poi diventa bisogno spasmodico dell’attuale, dell’immediato. (…) In tale paesaggio di esibizionismo isterico quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia? (…)  ormai esistono in coabitazione due poesie, una delle quali è di consumo immediato e muore appena è espressa, mentre l’altra può dormire i suoi sonni tranquilla. Un giorno si risveglierà, se avrà la forza di farlo. La vera poesia è simile a certi quadri di cui si ignora il proprietario e che solo qualche iniziato conosce. Comunque la poesia non vive solo nei libri o nelle antologie scolastiche. Il poeta ignora e spesso ignorerà sempre il suo vero destinatario. (…)   L’arte-spettacolo, l’arte di massa, l’arte che vuole produrre una sorta di massaggio fisico-psichico su un ipotetico fruitore ha dinanzi a sé infinite strade perché la popolazione del mondo è in continuo aumento. Ma il suo limite è il vuoto assoluto. (…) Avevo pensato di dare al mio breve discorso questo titolo: potrà sopravvivere la poesia nell’universo delle comunicazioni di massa? E’ ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa. (…)  Ma ora per concludere debbo una risposta alla domanda che ha dato un titolo a questo breve discorso.  Nella attuale civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell’uomo robot, quale può essere la sorte della poesia? Le risposte potrebbero essere molte. La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto. Solo in un secondo momento sorgono i problemi della stampa e della diffusione. (…)   Inutile dunque chiedersi quale sarà il destino delle arti. E’ come chiedersi se l’uomo di domani, di un domani magari lontanissimo, potrà risolvere le tragiche contraddizioni in cui si dibatte fin dal primo giorno della Creazione (e se di un tale giorno, che può essere un’epoca sterminata, possa ancora parlarsi).

(Montale, Discorso per la consegna del Premio Nobel per la letteratura, Stoccolma, 12 dicembre 1975)

 

Era il lontano 1975 quando Montale pronunciò questo bellissimo discorso a Stoccolma in occasione del suo  Premio Nobel.

Dopo più di quarant’anni ci poniamo ancora la stessa domanda e la risposta è SEMPRE LA STESSA: nonostante tutto e nonostante tutti, la poesia è ancora possibile.  E non solo è possibile, ma è sempre più elitaria la sua conoscenza, come anche  la sua fruizione.

In un’epoca in cui tutto è breve, veloce, approssimativo, non approfondito per via del nostro vivere perennemente online, dove scorriamo notizie, leggiamo di corsa un contenuto, “corriamo” su un testo a nostra disposizione, leggere una poesia è démodé e scomodo, in quanto richiede tempo (e chi ne ha abbastanza, ormai?), concentrazione (non sempre ce ne avanza un po’…) , silenzio (esterno, ma anche interno!), contesto adeguato (non sempre disponibile…) e attenta rilettura (più e più volte…) , nel tentativo di eviscerare non solo le sensazioni che la sua lettura dà a noi lettori, ma anche quello che l’autore ha voluto dire, nascosto tra le righe, tra le parole, tra i suoni, tra le figure retoriche più o meno evidenti.

Si tratta quindi di un’attività laboriosa e difficile; ma si tratta SEMPRE di una fatica di cui vale realmente la “pena”!

Provare per credere!

latineloqui69

Montale e la poesia. La poesia e noiultima modifica: 2018-05-16T18:44:18+02:00da latineloqui69
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