8 settembre 1943 / 8 settembre 2023

Oggi sono ottant’anni anni esatti dal famoso “armistizio dell’8 settembre” (come è chiamato sul libri di storia).

Per questo motivo sono tanti gli eventi in programmazione oggi in Italia, a Roma e non solo. Gli articoli sui quotidiani (cartacei e online) non si contano, figuriamoci i meno impegnativi post su blog di vario genere. Tuttavia, per ricordarlo ANCHE su questo spazio web piccolo e casereccio, prendo spunto da un messaggio a tema ricevuto oggi da un caro amico, che qui ringrazio.

Indro Montanelli nella sua “Storia d’Italia” (vol. 44) scrisse: “Fu l’inizio di una sequela di errori che ci discreditarono agli occhi del mondo intero più di quanto ci discreditasse la disfatta. La scelta di Badoglio fu infelice. Gli approcci con gli alleati malaccorti al punto da da renderci sospetti di doppio gioco. La fuga di Pescara ignominiosa. Se il Re, proclamato l’armistizio, fosse rimasto al suo posto offrendosi ai Tedeschi come capro espiatorio del “tradimento”, quasi certamente avrebbe perso la vita, ma salvato la monarchia. L’Italia non aveva mai dato di sé uno spettacolo tanto miserando. Nessun capitolo della Storia è più umiliante, vergognoso e più doloroso da rievocare“.

Dato il mio DNA, partiamo dalla fonte.

“Storia d’Italia” è un’opera monumentale del giornalista e divulgatore storico Indro Montanelli, coadiuvato prima da Roberto Gervaso e poi da Mario Cervi. Essa è composta da 22 volumi (nell’edizione Fabbri editori sono molti di più!) , ognuno dedicato a un’epoca della storia italiana dal crollo dell’Impero Romano d’Occidente al 1997. L’opera è diventata nel tempo un longseller, la più popolare serie storica incentrata sul passato d’Italia. Interrogato sull’accoglienza entusiasta dei suoi libri, Montanelli spiegava di aver scoperto un pubblico appassionato di Storia, ma fin allora respinto dai testi – pur eccellenti – di studiosi specialisti, ma incapaci di avvicinare il lettore comune. La collana (che oggi con orgoglio posso dire che fa parte della mia libreria di adolescente grazie alla bibliomania di mia madre) ebbe inizio casualmente, su idea e suggerimento di Dino Buzzati, allora redattore de “La Domenica del Corriere”.

Storia d'Italia MONTANELLI

E ora andiamo al contenuto del passo di Indro Montanelli.

Secondo me non è qui sub iudice la questione costituzionale (molto probabilmente ci si sarebbe liberati comunque del peso del regime monarchico), ma il modo in cui ciò avvenne: giustamente Montanelli definisce  la fuga di Pescara “ignominiosa”.  E prosegue affermando che “Se il Re, proclamato l’armistizio, fosse rimasto al suo posto offrendosi ai Tedeschi come capro espiatorio del “tradimento”, quasi certamente avrebbe perso la vita, ma salvato la monarchia. L’Italia non aveva mai dato di sé uno spettacolo tanto miserando. Nessun capitolo della Storia è più umiliante, vergognoso e più doloroso da rievocare”. Probabile. Ma la Storia non si fa con i SE a posteriori. Quindi a noi spetta il compito di ricordare, ALMENO ricordare (quindi conoscere, mi sembra ovvio) gli errori del passato, per non essere destinati a ripeterli. E probabilmente quando Montanelli scriveva queste parole non avrebbe mai immaginato che nel 2022 (e chissà fino a quando…) ci sarebbe stata un’altra guerra di natura imperialistica, proprio come quelle del Novecento. Ma questa è un’altra storia…

Quindi torniamo al fatto storico che oggi commemoriamo.

La fuga da Roma del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio (genericamente nota anche come fuga di Pescara, fuga di Ortona o fuga di Brindisi) consistette nel precipitoso abbandono della capitale – all’alba del 9 settembre 1943 – alla volta di Brindisi, da parte del sovrano, del capo del Governo e di alcuni esponenti della Real Casa, del governo e dei vertici militari. La fretta con la quale la fuga fu realizzata comportò l’assenza di ogni ordine e disposizione alle truppe e agli apparati dello Stato utile a fronteggiare le conseguenze dell’Armistizio, pregiudicando gravemente l’esistenza stessa di questi nei convulsi eventi bellici delle 72 ore successive. Questo avvenimento segnò una svolta nella storia italiana durante la seconda guerra mondiale. In seguito a questo evento – che seguì immediatamente l’annuncio, la sera dell’8 settembre, dell’armistizio siglato con gli Alleati il 3 settembre – le forze di terra italiane, abbandonate a loro stesse e senza ordini e piani precisi, non furono in grado di opporre un’efficace e coordinata resistenza alla ovvia e prevedibile reazione tedesca, disintegrandosi nel volgere di poche decine di ore e finendo in larga parte preda dei tedeschi, con eccezione delle guarnigioni di Sardegna e Corsica, in Puglia e – almeno per due giorni – alla periferia sud di Roma. Fu in tal modo consentito all’ex alleato di occupare agevolmente oltre due terzi del territorio nazionale e tutti i territori in Francia, nei Balcani e in Grecia, e di catturare ingentissime quantità di bottino e quasi seicentomila militari italiani; questi furono dai tedeschi considerati non come prigionieri di guerra, soggetti quindi alla convenzione di Ginevra in materia, ma come “internati”, classificazione che dava al governo tedesco, secondo un’interpretazione assolutamente unilaterale voluta da Hitler in persona, il diritto di trattare e sfruttare i prigionieri con metodi e modi del tutto al di fuori delle convenzioni internazionali. Con la subitanea avanzata alleata in Calabria e gli sbarchi anfibi di Salerno e Taranto in concomitanza con l’Armistizio, il restante terzo del Paese fu rapidamente occupato dagli angloamericani. L’Italia fu perciò trasformata in larga parte in un campo di battaglia, usata dai due contendenti rispettivamente dal primo per la difesa del territorio e degli interessi strategici e politici del Terzo Reich, e dai secondi per attaccare l’Asse nel suo “ventre molle”, attirando in Italia il maggior numero possibile di divisioni tedesche per sguarnire gli altri fronti. Il Paese fu così esposto ai rigori e alle sciagure di ulteriori venti mesi di guerra, sottoposto alla duplice occupazione di truppe straniere spesso indifferenti alle condizioni della popolazione civile e al patrimonio artistico, industriale e infrastrutturale italiano. 

Non avrei potuto dirlo meglio.

Leggiamo qualche memoriale di questi internati, colpevoli di nulla, per ricordare sempre!

Meditiamo, gente, meditiamo.

(dati essenziali dell’opera di Montanelli – Cervi e presentazione della fuga di Vittorio Emanuele III tratti dalle relative pagine di wikipedia, liberamente modificate, immagine tratta dal web liberamente disponibile)