Le gemelle di Auschwitz

“Ad Auschwitz era facile morire. Sopravvivere era un lavoro a tempo pieno”

gemelleAvete presente quando entrate in libreria senza dover comprare “per forza” un libro, ma potete concedervi il lusso di girare liberamente tra gli scaffali? è così che ho trovato per caso nello scaffale di una libreria a me cara questo libro, che mi ha attirato subito non solo per il titolo, ma anche e soprattutto per la bellissima e icastica copertina.

Chiaramente si tratta di un libro sulla follia dei campi di sterminio nazisti. Nel dettaglio, su Auschwitz. Ancora più nel dettaglio, sulla vita (se così possiamo definirla) dei “bambini di Mengele”, l’Angelo della morte. Protagoniste sono due sorelle gemelle, Eva e Miriam (diventate A-7063 e A-7064 appena scese dal treno di deportazione all’inferno), di dieci anni, private di case, genitori e vita dall’oggi al domani nell’estate del 1944.

L’autrice, Eva Mozes Kor, originaria della Romania, dopo essere sopravvissuta a questo Inferno, è emigrata negli Stati Uniti e nel 1985 ha dato vita, insieme alla sorella, al Candles, un acronimo in apparenza dolce e romantico che in realtà indica qualcosa di triste e funesto: Children of Auschwitz Nazi Deadly Lab Experiments Survivors. Nientemeno. Il suo scopo è quello di rintracciare nel mondo i sopravvissuti a questa barbarie disumana. E ne ha trovati “ben” 122. Dieci anni dopo, la stessa ha inaugurato il CANDLES Holocaust Museum, ma non può più portare il suo prezioso apporto di testimonianza vivente, perché è deceduta nel 2019. Lo ha fatto, tuttavia, con questo bellissimo libro. Prezioso come pochi altri nel settore. Sulla quarta di copertina si legge: “1° in classifica in Italia, pubblicato in 17 Paesi, oltre 100.000 copie vendute in Inghilterra”. E devo dire che non posso che concordare con questi dati di vendita. Il romanzo, infatti, si caratterizza per chiarezza e pacatezza espressive (non così scontate, visto l’argomento trattato e visto che si tratta comunque di un memoriale…). Nonostante ciò che ha vissuto e patito, nonostante ciò che ha perduto senza nessun’altra colpa se non quella di esser nata (come dice in questo caso la senatrice Liliana Segre), Eva per trent’anni ha “viaggiato in tutto il mondo, insegnando l’importanza del perdono per superare i traumi personali e storici”. Non so se rendo l’idea…

Il passo più bello? L’osservazione di Eva del “mondo di fuori” al momento della liberazione: “Non riuscivo a credere che là fuori ci fosse ancora un mondo in cui la gente era pulita e dove le bambine portavano dei nastri nei capelli, indossavano dei bei vestiti e andavano a scuola!”. Già, perché nonostante tutto quell’inferno indicibile il mondo, fuori dal filo spinato, al di là della scritta motivazionale “Arbeit macht frei” era andato avanti! Si fa per dire…

Meditiamo, gente, meditiamo… Perché “QUESTO è STATO!” (cit. Piera Sonnino).