Il gladiatore

“Al mio segnale, scatenate l’inferno!”

Gladiatore

Il gladiatore è un film colossal del 2000 diretto da Ridley Scott, interpretato da Russell Crowe, Joaquin Phoenix, Connie Nielsen, Richard Harris, Oliver Reed e Tomas Arana. Ispirata al romanzo di Daniel P. Mannix del 1958 Those about to die  (traduzione inglese del termine latino MORITURI, in italiano Quelli che stanno per morire), la sceneggiatura del film, inizialmente scritta da David Franzoni, fu acquisita dalla DreamWorks e Ridley Scott venne scelto per dirigere il film. l film ha vinto numerosi premi, tra cui cinque Oscar alla 73ª edizione degli Oscar: miglior film, miglior attore protagonista per Crowe, migliori costumi, miglior sonoro e migliori effetti visivi. Ha anche ricevuto quattro premi BAFTA al 54° British Academy Film Awards per il miglior film, la miglior fotografia, la miglior scenografia e il miglior montaggio. Sin dalla sua uscita Il gladiatore è stato anche accreditato per aver riacceso l’interesse per il genere peplum e per l’antica cultura classica.

La storia è ambientata nel II secolo d.C., precisamente nell’anno 180 d.C.;  il generale Massimo Decimo Meridio (il bravissimo Russel Crowe) guida l’esercito romano alla vittoria durante la guerra contro i bellicosi e barbari Marcomanni in Germania, guadagnandosi la stima dell’anziano imperatore romano Marco Aurelio. Quest’ultimo, malato e sentendosi prossimo alla fine non accetta il figlio Commodo come proprio successore, considerandolo inadatto al ruolo, e designa il generale Massimo, vedendovi il figlio che avrebbe voluto avere al posto di Commodo: Marco Aurelio intende affidargli il compito di ripristinare la repubblica restituendo il potere al senato, ovvero al popolo romano, come avveniva prima dell’avvento dell’età imperiale. Inizialmente riluttante, Massimo chiede tempo per decidere e si ritira in tenda a pregare gli dèi affinché lo aiutino a decidere e proteggano la sua famiglia, idealmente rappresentata da due statuette della moglie e del figlio che Massimo porta con sé. Nel frattempo Marco Aurelio comunica la propria decisione al figlio, che era giunto da Roma insieme alla sorella Lucilla che, vedova con un figlio, è innamorata di Massimo; Commodo, deluso e afflitto per la scelta del padre, lo uccide soffocandolo con il proprio petto prima che il genitore renda pubblica la propria decisione. Massimo capisce che l’imperatore non è morto per cause naturali ma è stato ucciso dal figlio; rifiuta, dunque, di sottomettersi a Commodo, che dà allora ordine al generale Quinto, capo della Guardia Pretoria e amico di Massimo, di farlo decapitare e di crocifiggere la sua famiglia. Mentre Commodo viene incoronato imperatore di Roma, Massimo viene immobilizzato e condotto in mezzo alla foresta per essere giustiziato; inginocchiatosi davanti al boia riesce, dopo aver finto di accettare il suo destino, ad afferrarne la spada e a uccidere, uno dopo l’altro, tutti i pretoriani del manipolo. Gravemente ferito a un braccio nel corso dell’azione, s’impossessa di due cavalli e intraprende il lungo viaggio verso casa, ma giunge troppo tardi: Massimo vede alcuni suoi amici morti, e poi scopre la moglie e il figlio crocifissi tra le rovine fumanti della propria abitazione. Disperato, piange i suoi cari defunti; infine, si accascia straziato dal dolore e sfinito dalla stanchezza. Catturato da un mercante di schiavi, viene venduto a Proximo, un ex gladiatore divenuto lanista, che Marco Aurelio aveva affrancato dalla schiavitù insignendolo del rudis, la spada di legno. Massimo viene portato in Africa ed è costretto a combattere nell’arena, dando presto prova delle sue eccellenti qualità di guerriero, che gli fanno accrescere la popolarità tra gli spettatori e il rispetto degli altri combattenti; Massimo, conosciuto ora nella familia gladiatoria come l’Hispanico, stringe amicizia con Juba, un cacciatore numida e con Hagen, un combattente germano che, fino alla comparsa di Massimo, era il più valoroso dei gladiatori di Proximo. Durante le pause degli spettacoli, Juba e Massimo, parlando delle rispettive famiglie e della vita che conducevano prima di divenire schiavi, rinsaldano la loro amicizia traendo coraggio, di fronte alla prospettiva della morte in combattimento, dalla speranza che avrebbero rincontrato i loro familiari nell’aldilà.

Passano alcuni anni, finché Commodo, intenzionato a conquistare la folla, ordina che per un lungo periodo di 150 giorni si tengano, a Roma, dei giochi gladiatorii in memoria del padre, proprio colui che cinque anni prima ne aveva disposto l’interruzione, e anche i gladiatori di Proximo vengono affittati per lo spettacolo. Prima di partire, il lanista spiega a Massimo come, a Roma, potrebbe riuscire ad ottenere la libertà tramite il dono del rudis, donata dallo stesso imperatore. Animato dalla possibilità di essere così vicino a Commodo da potersi vendicare, Massimo decide di combattere ascoltando i consigli del vecchio gladiatore, fino ad allora ignorati, che gli dice di conquistare la folla. A Roma, i gladiatori di Proximo vengono destinati a rievocare la battaglia di Zama della seconda guerra punica, rappresentando le truppe del nemico Annibale.  Massimo, che indossa una maschera che ne cela le sembianze, assume il comando del gruppo e, disponendo i propri compagni a testuggine al centro dell’arena del Colosseo, riesce a sovvertire l’esito di un incontro in cui erano storicamente destinati alla sconfitta. Quando Commodo raggiunge i gladiatori di Proximo per congratularsi, Massimo si toglie l’elmo e-in una scena diventata epica- rivela la sua vera identità:

«Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… e avrò la mia vendetta… in questa vita o nell’altra.»

Impossibilitato a uccidere Massimo, che ormai si è guadagnato il sostegno della folla, che ne chiede incessantemente la grazia, Commodo, a malincuore, solleva la mano e protende il pollice verso l’alto, lasciando infine l’arena, mentre la folla riecheggia e osanna il nome di Massimo.

E non finisce qui!

Ma il finale NON si rivela MAI, neppure nella più dettagliata delle recensioni!

Passiamo quindi all’accoglienza presso il pubblico: MOLTE sono state le polemiche che il colossal ha scatenato alla sua uscita.

Il film, infatti,  basato su eventi reali accaduti nell’Impero romano durante la seconda metà del II secolo d.C., ha reso necessaria per Ridley Scott  la consulenza di diversi storici moderni. Malgrado ciò, allo scopo di aumentare l’interesse della trama e mantenere la continuità narrativa, sono state inserite alcune importanti ed evidenti deviazioni dai fatti storici, che non starò qui ad elencare.  Scott ha anche affermato che, a causa dell’influenza che i film storici precedenti al suo avevano avuto sull’immaginario collettivo, alcuni fatti storici risultavano “eccessivamente incredibili” per essere inseriti nella sceneggiatura. Pare che almeno un consulente storico abbia rassegnato le dimissioni a causa di queste modifiche arbitrarie e che un altro abbia chiesto di non essere menzionato nei titoli di coda. Lo storico Allen Ward, dell’Università del Connecticut, credeva che l’accuratezza storica non avrebbe reso Il gladiatore meno interessante o eccitante, affermando che “agli artisti creativi deve essere concessa una licenza poetica, ma ciò non dovrebbe essere un permesso per il totale disprezzo dei fatti storici della fiction”.

Come sa chi mi conosce bene, NON sono una grande amante dei film cruenti (e questo lo è come pochi altri…), ma devo riconoscere che nonostante il sangue, nonostante la violenza, nonostante il dolore e la brutalità che esso trasuda è fatto davvero bene…  Perché ROMA era ANCHE questo! Il mito che di essa ci hanno consegnato è molto edulcorato; i libri scolastici non entrano nel dettaglio quando parlano delle battaglie sostenute dai legionari romani; l’espressione “Ave, Caesar, morituri te salutant” viene tramandata con una sorta di romanticismo patriottico, ma nascondeva una realtà ben più cruda; il gesto del “pollice verso” (diventato “la fissa” dei miei studenti a ridosso dell’anno 2000) era ben più che una semplice postura o un segnale in codice: era una condanna di disperati, di vittime sacrificali, spesso di innocenti.

E questo film, nonostante gli evidenti limiti nel campo dell’esattezza documentaria, ha il pregio di mettere sotto i riflettori tutto questo. Gli effetti speciali, poi, sono inenarrabili, i dialoghi pungenti; la colonna sonora, infine, fa venire i brividi ed è difficile immaginarne una migliore… Per questo motivo, esso fa parte di quei pochissimi film di cui dentro casa ho SIA IL DVD SIA IL BLUE-RAY. Perché (come sostengono i più esperti di me in questo campo…) solo con il secondo puoi goderti appieno un film del genere…

Impossibile, quindi, NON vederlo almeno una volta nella vita…

(dati della trama e notizie relative al film tratte dalla pagina relativa su wikipedia.com)