Il Fascismo eterno

 

ECO

Copertina assolutamente nera (tanto per chiarire bene i termini della questione), il libriccino pubblicato dalla casa editrice “La nave di Teseo” si caratterizza per essere nato come un discorso  tenuto in inglese dall’insuperato Eco ad un simposio organizzato dai dipartimenti di italiano e francese della Columbia University il 25 aprile 1995, per celebrare la liberazione dell’Europa.

Per questo motivo non ha le caratteristiche espressive del saggio o quelle del romanzo, ma appunto, quelle del genere oratorio, in cui Eco si dimostra ben ferrato. E per questo motivo (come dice lo stesso Eco in una Nota dell’autore) sono presenti tante informazioni e “precisazioni quasi scolastiche su eventi che un lettore italiano dovrebbe conoscere” e tante citazioni di Roosevelt o riferimenti all’antifascismo americano. Bisogna infatti ricordare che erano i giorni del tremendo attentato ad Oklahoma City e che era stata appena scoperta l’esistenza negli USA di organizzazioni militari di estrema destra.

L’intervento presenta una scansione logico-cronologica, perciò inizia dal lontano 1942, quando l’autore, all’età di dieci anni, aveva vinto il Primo Premio ai Ludi Juveniles con un tema retorico e altisonante intitolato “Dobbiamo noi morire per la gloria di Mussolini e il destino immortale dell’Italia?”. La sua risposta era stata- ovviamente- affermativa, perché era “un ragazzo sveglio”. E non poteva essere altrimenti, visto che a scuola  studiavano storia fascista e cultura fascista, leggevano poesie patriottiche ad ogni piè sospinto e imparavano a memoria i passi più significativi dei discorsi del duce.

Poi nell’aprile del 1945 i partigiani presero Milano e due giorni dopo arrivarono nel suo piccolo paesino. La sua prima immagine dei liberatori americani “dopo tanti visi pallidi in camicia nera” fu quella di un nero colto in uniforme giallo-verde (il maggiore o capitano Muddy) che gli diede un chewing-gum. Umberto cominciò a masticare tutto il giorno, poi di notte metteva la cicca in un bicchiere d’acqua “per tenerla in fresco per il giorno dopo”. In maggio sentì dire che la guerra era finita e la pace gli diede –inspiegabilmente- una sensazione curiosa, visto che gli era sempre stato detto che “la guerra permanente era una condizione normale per un giovane italiano”. Vide le prime immagini dell’Olocausto, comprendendone “il significato prima di conoscere la parola”.

Solo allora capì realmente da cosa erano stati liberati. A quel punto venne automatico un senso di orgoglio per il fatto di non aver atteso passivamente la liberazione e per aver dato vita alla Resistenza italiana (che- scoprì poi- “non era stata un fenomeno locale, ma europeo”), che fu poi rivendicata dai comunisti come una proprietà personale anche se così non fu, dato che Eco ricorda “partigiani con fazzoletti di colori diversi”, sicché “la liberazione fu un’impresa comune per gente di diverso colore”.

Ora la mission non può che essere ricordare ciò che accadde e dichiarare solennemente che “loro” non debbono farlo più. Chi sono “loro”? Semplice. I negatori delle libertà. Se pensiamo ai totalitarismi del primo Novecento, è evidente che “sarebbe difficile vederli ritornare nella stessa forma”, date le circostanze storiche assolutamente diverse e altre. Eco osserva che ci sono “vari movimenti filonazisti attivi qua e là in Europa, Russia compresa”, ma è impossibile immaginare che il nazismo possa tornare nella sua forma originale, quella che troviamo scritta sui libri di storia o quella che ci raccontano i nostri nonni o bisnonni.

Purtuttavia, “dietro un regime e la sua ideologia c’è sempre un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali, una nebulosa di istinti oscuri e di insondabili pulsioni” che resistono al rovesciamento del regime e alla sua delegittimazione, perché sono nel DNA di un popolo. Ecco perché dobbiamo aver paura del “fantasma che si aggira per l’Europa”! Se ci pensiamo bene, il Fascismo NON aveva (a differenza del Nazismo) nessuna filosofia. Mussolini stesso “non aveva nessuna filosofia: era solo retorica”. Cominciò come ateo militante e finì per firmare il famoso Concordato con la Chiesa, poi simpatizzare per i vescovi che benedicevano i gagliardetti fascisti, citare nei suoi discorsi il nome di Dio e farsi chiamare “l’uomo della Provvidenza”. Eppure il Fascismo italiano –pur senza una vera base ideologica- “fu il primo a creare una liturgia militare, un folklore, e persino un modo di vestire”. Questo dimostra quanto sia importante la retorica, quanto sia facile farsi guidare dalla potenza espressiva e dalle parole “giuste” al momento giusto.

“Nel nostro futuro”- prosegue Eco- “si profila un populismo qualitativo TV o Internet”, quindi prestiamo attenzione al Fascismo, che è ancora tra noi, benché in abiti civili! Esso può tornare sotto le spoglie più innocenti, per cui il nostro compito  e dovere morale è quello “di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme”.

 

Dal 1995 ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti. Il futuro prefigurato da Eco è ormai presente, attualità e “normalità”. Per questo dobbiamo vigilare! La libertà è un bene troppo prezioso perché possiamo rinunciarvi di nuovo! Per concludere – a mo’ di aneddoto- Eco ricorda la sua “scoperta” della libertà, un concetto sconosciuto a chi è nato non provandone mai l’ebrezza. Era il 27 luglio 1943 quando gli fu detto che “secondo delle informazioni lette alla radio, il fascismo era crollato e Mussolini era stato arrestato”. Andò di corsa all’edicola vicino casa a comprare un giornale e fu stupito dal leggere titoli diversi su giornali diversi, dal leggere per la prima volta vari nomi di partiti politici, mentre lui era stato sempre convinto che in Italia ci fosse solo il partito nazionale fascista. Scopriva così l’esistenza di espressioni come libertà di parola, libertà di stampa, libertà di associazione politica.

In quel momento egli rinasceva “uomo libero occidentale”. Tali noi tutti (penso) vogliamo RESTARE.

 

latineloqui69