La leggenda del pianista sull’Oceano

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“Da lassù non si vedeva la fine!”

Nei recenti giorni di “vacanza” ho avuto occasione di rivedere in piacevole compagnia il bellissimo e pluripremiato film di Giuseppe Tornatore  “La leggenda del pianista sull’Oceano”, del 1998, ispirato ad un libro di Alessandro Baricco intitolato “semplicemente” “Novecento“, Protagonisti indiscussi la coppia Novecento (Tim Roth) e Max (Pruitt Taylor Vince).

La storia filmica comincia nel 1963: Max Tooney, un trombettista che ha lavorato a lungo sul transatlantico Virginian, si reca in un negozio di dischi e strumenti musicali e dopo aver mercanteggiato un po’ chiede all’anziano proprietario di suonare per l’ultima volta la sua tromba, che gli ha appena venduto per pochi scellini. Max suona il pezzo contenuto nell’unico disco inciso da Novecento, distrutto a suo tempo dal suo amico, ma che Max aveva subito recuperato e nascosto, all’insaputa di Novecento, nel pianoforte in terza classe del Virginian. Il vecchio, che aveva trovato il disco dentro al piano, finito per caso nel suo negozio, riconosce la melodia e, rapito dalla bellezza della musica di Novecento, si fa raccontare da Max la storia di quel “pianista eccezionale” che Max definisce il suo più grande segreto.

La lunghissima e toccante storia inizia il 1° gennaio 1901, quando Danny Boodman, un macchinista di colore del transatlantico Virginian, trova un neonato abbandonato in una cassa di limoni nella prima classe della nave. Danny battezza il bambino con il proprio nome, Danny Boodman, aggiungendovi l’insegna presente sulla cassetta in cui lo ha trovato (T.D. Lemon) pensando che il significato di “T.D.” fosse “Thanks Danny” e che quindi lui fosse destinato ad allevare il bambino, ed il secolo dell’anno in cui ha trovato il bambino (Novecento): Danny Boodman T.D. Lemon Novecento sarà poi chiamato solamente con l’ultimo dei suoi numerosi appellativi. La storia racconta della crescita e dell’esplosione artistica di quel grande pianista, che non ha mai messo piede fuori dal transatlantico, ma passa tutta la vita a fare avanti e indietro sull’oceano. Finché non conosce una ragazza, che potrebbe essere il suo “gancio” con il suo mondo sulla terraferma. E in effetti un bel giorno decide di scendere finalmente quella scala sul molo e di mettere piede a terra. Sennonché….

NON POSSO SPOILERARE L’INATTESO E CATARTICO FINALE, NEL QUALE CI SONO ELEMENTI DI FILOSOFIA (il rapporto tra infinito e finito e la collocazione dell’uomo), SPUNTI PIRANDELLIANI (Novecento come una sorta di “fratello” di Mattia Pascal), PATOLOGIE MODERNE (ansia sociale e simili), quindi lascio a voi il compito di vedere il film. Non senza aver letto anche  il testo ispiratore (del quale, se volete, trovate una mia vecchia recensione qui: https://scuolaeculturaoggi.myblog.it/2016/08/21/novecento/)

La colonna sonora del film, composta da Ennio Morricone (che sembra aver impiegato quasi un anno nella stesura), è composta da almeno trenta brani, e nel 2000 è riuscita ad aggiudicarsi un Golden Globe per la migliore colonna sonora originale.  Non so se rendo l’idea… Grandissimo il nostro compianto Maestro!

Curiosità: come si nota in tutte le inquadratura in primo piano, l’attore Pruitt Taylor Vince è affetto da una patologia (il nistagmo),  un movimento oscillatorio involontario degli occhi, che in alcune interpretazioni, tuttavia, tende a valorizzarne la recitazione. Quando si dice la resilienza!

(Liberamente tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera).