Ragazzi di vita

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Ragazzi di vita è un romanzo di Pier Paolo Pasolini pubblicato la prima volta nel 1955 da Garzanti.

La storia si svolge nella Roma del secondo dopoguerra, tra le varie borgate.

I protagonisti sono degli adolescenti appartenenti al mondo della classe sociale più bassa urbana che vivono alla giornata di espedienti, arrangiandosi come possono, cercando di accaparrarsi ogni genere di oggetto che possa essere rivenduto: tombini di ferro, copertoni, tubi, generi alimentari.

Riccetto, questo è il soprannome di uno dei ragazzi, dopo aver racimolato del denaro, affitta una barca per navigare sul Tevere con degli amici. Durante questo giro in barca, egli rischia seriamente la vita gettandosi in acqua per salvare una rondine che sta per annegare. Il gesto dimostra la sua grande generosità, sebbene si comporti spesso da delinquente. La scuola che ospita gli sfrattati delle borgate è ridotta in uno stato deplorevole e, anche a causa degli inadeguati controlli tecnici ed edili, un giorno crolla all’improvviso, seppellendo e uccidendo la madre del Riccetto e, dopo un disperato ricovero in ospedale, anche il suo amico e compagno Marcello.

 

Il libro racconta dunque le vicende, nel corso di qualche anno, di alcuni ragazzi appartenenti al sottoproletariato romano. Anche il periodo storico, d’altronde, non è privo di significato nel contesto del libro: la storia, infatti, si svolge nell’immediato dopoguerra, quando la miseria era più tiranna che mai. In questo ambiente è facile comprendere come mai i ragazzi protagonisti del libro siano allo sbando più totale: le famiglie non costituiscono punti di riferimento, né sono valori e spesso sono costituite da padri ubriaconi e violenti, madri sottomesse e fratelli molte volte avanzi di galera; le scuole, presenti come edifici, ma non in funzione, sono destinate ad accogliere sfrattati e sfollati.

Nel libro Pier Paolo Pasolini sfrutta le semplici azioni di una piccola parte di giovani rispetto a tutta Roma e a tutta l’Italia intera per narrare, in verità, il degrado sociale che aveva colpito tutto il Paese dopo il conflitto. Lo si evince passo dopo passo quando il Riccetto e i compagni rovistano nell’immondizia e cercano pezzi di metallo da vendere, poi, al rigattiere; o quando, non trovando nulla, rompono persino le tubature per ricavarne del piombo.

I “Ragazzi di vita” s’ingegnano anche in piccoli furti e rapine, come quando il Riccetto e il Lenzetta derubano in un autobus un’anziana signora. Non è raro, inoltre, che essi frequentino delle prostitute, a volte anche incinte che, disperate, si concedono per mantenere la famiglia.

I protagonisti si organizzano in vere e proprie bande, con le quali scorrazzano per i quartieri poveri della città e fanno “caciara”, ovvero giocano, gridano e si divertono; sembra quasi che non abbiano casa e il loro nemico quotidiano sia la noia; infatti non è da escludere che molti dei ragazzi che hanno partecipato al funerale di Amerigo lo abbiano fatto non tanto per affetto nei confronti del defunto o per sentimento religioso o per dovere morale, quanto, più probabile, per fare qualcosa di diverso ed ammazzare il tempo.

Nel 1955 il libro fu processato per oscenità perché parlava della prostituzione maschile. Malgrado l’intervento della critica, a partire da Emilio Cecchi fino ad Asor Rosa e a Carlo Salinari, sia feroce e il libro venga scartato sia al premio Strega che al premio Viareggio, esso ottenne un grande successo da parte del pubblico e venne festeggiato a Parma da una giuria presieduta da Giuseppe de Robertis e vinse il “premio Colombi-Gudotti”. Nel frattempo la magistratura di Milano aveva accolto la denuncia di “carattere pornografico” del libro. A luglio si tenne a Milano il processo contro Ragazzi di vita, che terminerà con una sentenza di assoluzione con “formula piena”, grazie anche alla testimonianza di Carlo Bo che aveva dichiarato essere il libro ricco di valori religiosi “perché spinge alla pietà verso i poveri e i diseredati” e che non contiene nulla di osceno perché “i dialoghi sono dialoghi di ragazzi e l’autore ha sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà”.

Indubbio il senso di angoscia e l’amaro in bocca che ci lascia un capolavoro come questo, che affonda il coltello nella piaga (da tempo aperta e mai rimarginata) della prostituzione minorile.

(Liberamente tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

 

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