Sette anni in Tibet

“Con profondo affetto. Tuo padre.”

I protagonisti in una bella scena del film

I protagonisti in una bella scena del film

Sette anni in Tibet (Seven Years in Tibet) è un film del 1997 diretto da Jean-Jacques Annaud, liberamente tratto dal memoriale omonimo (1953) dell’alpinista ed esploratore austriaco Heinrich Harrer il quale, durante gli anni della II guerra mondiale, visse da rifugiato in Tibet, dove svolse anche il ruolo di precettore e confidente dell’allora giovanissimo Dalai Lama Tenzin Gyatso.

Protagonisti assoluti Brad Pitt  e il “XIV DALAI LAMA”.

TRAMA IMPONENTE:

Austria, 1939, Heinrich Harrer è un giovane e arrogante scalatore di monti, membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, scelto dal governo tedesco per scalare le montagne dell’Himalaya, raggiungendo il misterioso Nanga Parbat, la nona vetta più alta del mondo, dove altre quattro spedizioni tedesche hanno fallito dopo la perdita di undici membri. Il giorno della partenza da Graz l’alpinista ha un litigio con la moglie Ingrid, incinta e prossima al parto, la quale preferirebbe che lui non partisse. Heinrich parte ugualmente, lasciando Ingrid alle cure di Horst Immendorf, un amico di famiglia, e si unisce al gruppo di Peter Aufschnaiter.

Durante la scalata, un’ascesa di ben ottomila metri, non ha la solita disinvoltura che lo contraddistingue, tanto che cade inavvertitamente, perdendo un rampone e ferendosi a un piede. Dopo che gli scalatori sono stati costretti a ritirarsi a causa delle valanghe di neve, Heinrich, Peter e il resto del gruppo vengono arrestati dal presidio dell’Impero britannico in India in quanto cittadini del Terzo Reich: in Europa è iniziata la guerra e tra il governo di Londra e quello di Berlino si sono accese le ostilità. Gli scalatori vengono imprigionati in un campo di detenzione britannico, il Dehra Dun P.O.W. Camp, dove Heinrich riceve per corrispondenza la richiesta di divorzio dalla moglie, che vorrebbe sposare Horst, e la conferma che suo figlio, Rolf, è nato.

Durante i tre anni che seguono, Heinrich tenta ripetutamente la fuga da Dehradun, ma i britannici lo arrestano sempre in anticipo, raddoppiando la guardia e lo stato di allerta. Nel settembre 1942, tuttavia, si unisce a Peter e ai compagni, che hanno pianificato l’evasione travestendosi da soldati, e finalmente riesce a scappare. Dopo l’evasione, però, si separa dal resto del gruppo, volendo raggiungere il Tibet. Dopo essersi riunito a Peter, che disapprova i suoi metodi sprezzanti e la sua dichiarata mancanza di principi, Heinrich raggiunge il confine con il Tibet, il più alto e isolato Paese del mondo, nonostante l’ostinata diffidenza del popolo tibetano. I monaci del villaggio di frontiera che raggiungono spiegano loro i motivi di una così elevata diffidenza: Sua Santità il Grande Tredicesimo Dalai Lama, prima di morire, aveva previsto che un giorno gli stranieri avrebbero invaso il Paese e dato inizio a un’era di morte e distruzione, bandendo i monaci e proibendo l’antica e radicata tradizione buddhista.

E siamo solo all’inizio della vicenda. La parte interessante comincia da qui…

Un kolossal, che non si può non conoscere. Credo di averlo visto quattro/ cinque volte, ma ogni volta sembra la prima, tale e tanto è il coinvolgimento che la pellicola opera sullo spettatore.

Da vedere, assolutamente!

Magari in una gradevole serata delle festività natalizie…

(dati essenziali della trama tratti dalla relativa pagina di wikipedia)