L’appello

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“Un proverbio dice che chi sta con i giovani diventa giovane. Per me è così. In questi anni sono loro che mi hanno costretto, a volte in modo doloroso, a guardare dove io non sapevo o non volevo guardare, perché avevo le mie idee, le mie convinzioni, le mie ipocrisie. Mi hanno cambiato gli occhi, cambiandomi il cuore, perché per cambiare gli occhi devi prima cambiare il cuore.”

Primo libro del 2021 finito!!! E il 2021 non poteva iniziare in modo migliore, vista la profondità dell’ultimo originalissimo romanzo del conosciutissimo Prof 2.0.

Un’altra grande prova letteraria, che conferma la sua grande bravura espressiva, ma anche e soprattutto il fatto che solo chi  vive dentro la scuola può raccontarla bene! Lui passa varie ore della giornata dietro la cattedra, per cui conosce benissimo i ragazzi sotto ogni punto di vista: da quello fisico a quello psicologico. Per questo motivo i suoi romanzi ambientati nella scuola hanno tanto successo tra i ragazzi! Posto che in linea generale gli adolescenti non leggono più così tanto, una cosa è certa: quando leggono, scelgono i romanzi di D’Avenia! Il motivo è chiarissimo a tutti: si rivedono nei protagonisti di quei romanzi! E come capita quando ci si mette di fronte ad una serie televisiva, dei cui protagonisti  vogliamo seguire nel dettaglio le vicende, le vicissitudini e le giornate, così il nostro prof scrittore ci invita a fare con i personaggi delle sue belle storie…

Io, in particolare, mi sono calata nei panni del professor Omero Romeo, quel particolare docente che ritorna al suo primo amore, l’insegnamento, un quarantacinquenne finito come supplente di scienze (la materia no, quella non è la mia, ma passiamoci sopra…) in una classe-ghetto (che brutto nome!) che racchiude studenti difficili, quelli che non possono stare (chissà mai perché…) nelle altre classi, quelli che nessun altro docente si vuole ritrovare in classe («Abbiamo preferito tenerli insieme e non ridistribuirli in altre classi.» «Giusto! Come si fa con un virus: lo si isola.» «Come si fa con i gruppi difficili. È un miracolo che siano arrivati alla maturità.»).

Sembra una sfida impossibile per il professore neoarrivato. Eppure entrerà in classe con convinzione. Ha paura, sì, ma non fobia. Il problema sta nel fatto che ha un handicap importante: qualche anno prima è diventato cieco all’improvviso e questo potrebbe farlo diventare lo zimbello di quegli studenti impossibili. Invece questo non succede. Per una sorta di miracolo che si chiama Appello. Sembra follia, ma è così.

Del resto, cos’è esattamente l’appello? Il termine deriva da un verbo latino (appello, -as, -avi, -atum, -are) che vuol dire “chiamare”. Si tratta, dunque, di un  elenco di nomi. Tutti noi docenti chiamiamo i nostri studenti ogni santo giorno ad inizio giornata, anzi da quando abbiamo conosciuto le magie della DaD lo facciamo persino all’inizio di ogni  unità oraria, perché dobbiamo controllare chi si è connesso e chi no, ma sorvoliamo…). Ora, io sono certa che nessuno di noi ha mai effettuato l’appello come lo fa il professor Romeo:  non potendo vedere i volti degli alunni, poggia le sue mani sul volto di ognuno di loro, per “sentirne” le fattezze. Perché “I volti sono come mappe, contengono tutta la geografia dell’anima, luoghi a cui occorre dare un nome e una storia. Il dolore, la fatica, le paure, il male, il bene, la pioggia, gli schiaffi, le carezze, il vento, i pianti, il sonno, la felicità: tutto, giorno dopo giorno, gesto dopo gesto, scolpisce e trasforma quella carne.”

Ovviamente questo essere toccati non piace proprio a tutti. Qualcuno non lo accetta. E le  motivazioni sono diverse. Ma l’appello funziona! Perché chiamare gli studenti per nome vuol dire innanzitutto farli esistere. Del resto, “La vita va da quando decidono che nome darti a quando quello stesso nome è solo un graffio su una lapide” (prologo).

CATERINA MATTIA STELLA ETTORE ELISA CESARE ELENA OSCAR ACHILLE AURORA:  nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.

E noi siamo con lui e sempre al suo fianco, fino all’epilogo, meraviglioso, in cui avviene quello che  non ci saremmo mai immaginati…

E vogliamo parlare della struttura del libro?  Architettura binaria e forma originale, in cui si mescolano sapientemente rappresentazione scenica, meditazione filosofica, diario, allegoria politico-sociale, storia di formazione di matrice sette/ottocentesca…

Ma è interessante persino la foto di copertina, dovuta alla genialità della sorella dell’autore, che – dicunt- l’avrebbe immaginata senza leggere prima il contenuto del libro. Eppure è adattissima! A voi scoprire il motivo della scelta…

Insomma, 348 pagine intense. Non ci si annoia mai, neppure quando le spiegazioni del prof di scienze naturali diventano più dettagliate e meticolose…

Quindi, ancora una volta, complimenti, Professor D’Avenia!