Non ho che te

Ligabue

Non ho che te

 

L’inferno è solamente una questione temporale

a un certo punto arriva, punto e basta;

a un certo punto han chiuso l’ingresso principale

e han detto: “avete perso il posto”;

è vero: il mio lavoro è sempre stato infame

ma l’ho chiamato sempre il mio lavoro;

e ci han spostato sempre un po’ più avanti la pensione

ma quello adesso è l’ultimo pensiero.

Non ho che te, non ho che te,

ti chiedo scusa se ti offro così poco;

non ho che te, non ho che te,

volevo darti tutto ciò che avrei dovuto,

volevo darti tutto ciò che avrei voluto.

 

L’inferno è solamente una questione personale

all’improvviso è il posto che frequenti;

in banca son gentili ma non mi danno niente,

la stessa gentilezza del serpente;

i giorni sono lunghi, non vogliono finire

le luci sono quasi tutte spente;

il sindacato chiede un’altra mobilitazione

per quelli che ci sono ancora dentro.

Non ho che te, non ho che te,

che cosa ho fatto per meritarmi tanto?

Non ho che te, non ho che te,

ti chiedo scusa se non ti darò abbastanza,

ti chiedo scusa se ti chiederò pazienza.

L’altro giorno ho visto il titolare:

aveva gli occhi gonfi, la giacca da stirare;

mi ha visto, si è girato, stava male,

aveva gli occhi vuoti, la barba da rifare.

 

L’inferno è solamente una questione di calore; 

com’è che sento il gelo nelle ossa;

che cosa te ne fai di un uomo che non ha un lavoro,

di tutti quei “vorrei però non posso”;

vedessi quanto buio sotto questo sole,

ma è molto meglio se non vedi niente;

vedessi dove arrivano i pensieri di qualcuno,

vedessi, amore, come fan spavento.

Non ho che te, non ho che te,

ti chiedo scusa se ti offro così poco;

non ho che te, non ho che te,

volevo darti tutto ciò che avrei dovuto.

Non ho che te, non ho che te,

che cosa ho fatto per meritarmi tanto?

Non ho che te, non ho che te,

ti chiedo scusa se non ti darò abbastanza,

ti chiedo scusa se ti chiederò pazienza.

 

Immenso LIGABUE (“Il Liga”), che si esprime su una delle più grandi tragedie dei nostri anni, quello della disoccupazione cronica. Fantastica dichiarazione di amore, biglietto di scuse, assunzione di responsabilità, dichiarazione di resa, angoscia esistenziale.

Espressione chiave: “ma quello adesso è l’ultimo pensiero”. Già, perché un emarginato dal mondo del lavoro non pensa proprio alla situazione previdenziale, non arriva così lontano con il suo sguardo ormai miope e ristretto: egli  pensa solo ai giorni che sono lunghi e “non vogliono finire”.

Fabbriche che chiudono, attività che decentralizzano, multinazionali che fagocitano, imprenditori che non ce la fanno (e girano con la giacca da stirare, gli occhi vuoti e la barba da rifare…): quante volte abbiamo sentito notizie così tragiche che assurgono agli onori della cronaca? Tantissime, ma MAI l’articolo di cronaca riesce ad entrare cosi addentro alla tragedia personale, al vuoto esistenziale di chi con questa tragedia convive alba dopo alba, tramonto dopo tramonto… Liga sì, lui ci è riuscito. Ora sarebbe bello che facesse anche qualcosa di concreto su questo fronte…. Allora diventerebbe un mito vivente!

latineloqui69