Lettere d’amore nel frigo

Luciano Ligabue – Lettere d’amore nel frigo

letter amore Liga

“Lettere d’amore nel frigo” è la prima prova poetica di un Luciano Ligabue, noto ai suoi fan (ma non solo) come “Liga”, improvvisatosi scrittore con i racconti di “Fuori e dentro il borgo” e con il romanzo “La neve se ne frega”, regista con i film “Radiofreccia” e “Da zero a dieci”.

Ma “Lettere d’amore nel frigo” può veramente dirsi un libro di poesia? Strutturalmente lo è, in quanto presenta ben 77 poesie d’amore.

Ma a livello contenutistico e formale?

Leggiamone qualcuna, a puro titolo di esempio.

lettere d’amore nel frigo

 

è uno come tanti
che ha le sue
lettere d’amore
nel frigo
e nello scomparto frutta
tiene la matrice
dei biglietti
per lo spettacolo del per sempre
se ne ha comprati tanti
è perché gli spettacoli
durano quel che durano
così compra altri biglietti
con sopra la scadenza

la regolazione è sul tre
e nel portauova
ci sono foto di donne
talmente diverse
da essere solo una
che nella foto saluta

nella ghiacciaia
ci sono
le sue unghie spezzate
e qualche filo di pullover
e qualche ricciolo di nylon
e una foto di arcobaleni gemelli
e musiche involontarie
e tazze mezze e mezze
e verso il fondo
ci sono
le voci del piacere cantato
nel ripiano sotto
ci sono i grafici
la parabola è sempre uguale

 

il picco è la viacambia il frigo ogni due anni
prende modelli sempre migliori
ogni volta che lo apre
si mette la giacca e i guanti in pelle
ogni volta che lo chiude
se li toglie
e si sfrega le mani

 

 

 

gli anni in cui eravamo distratti

 

non è ancora chiaro
se siano finiti del tutto
gli anni in cui eravamo distratti

non ci accorgevamo
che le nostre cellule sfinivano
e quelle nuove arrivavano
e quelle di nostro padre
andavano a male

negli ospedali camminavamo
dritti verso un letto
non giravamo mai lo sguardo
in corsia
sentivamo le canzoni
ci abituavamo alle peggiori
le ricantavamo forte
per non sentire
notizie davvero vere

come certi prestigiatori
ci infilavamo
lastre sottili di ferro
a dividere
la parte sopra l’ombelico
da quella sotto
e non diteci che non sapete
quale porgevamo
alle ragazze
e non diteci che non sapete
che la loro richiesta
non l’ascoltavamo
con
precisa
distrazione
e scelta

ai funerali
pensavamo ad altro
se ci andavamo
impegnati a rendere coerente
l’epitaffio
uno che se l’è cavata

fatti
di pezzi di uomo
messi insieme
con pazienza orefice
braccia e orecchie conserte
eclissi parziale di occhi
camminavamo sul filo
con in bocca il cucchiaio
sul cucchiaio l’uovo
sull’uovo il peso del cielo

 

 

 

 

 

prima di accendere la tivù

 

guardiamo gli insetti
sbattere sulle lampadine
li vediamo friggere
diciamo
non ce la fanno
a entrare nella luce
quegli stupidi
mosca d’autore

la mosca
che si posa
sulla tela
e la va a cambiare
sembra mandata da qualcuno
che ha deciso
di disturbare
il pittore
proprio lì
nel punto
d’illusione
d’eternità

 

 

(Luciano Ligabue, Lettere d’amore nel frigo, Einaudi 2006)

 

 

Ad una prima lettura salta all’occhio la fondamentale peculiarità di questi testi: la mancanza di punteggiatura, alla maniera ungarettiana. Inoltre la verificazione è chiaramente sciolta dai tradizionali regole poetiche (strofe, versi, rime, figure retoriche) e presenta una serie di immagini estremamente variegate, descritte con un realismo assoluto.  Versi che parlano di automobili, di vestiti, di disegni e di parole che escono dalla realtà quotidiana e si mescolano per “fare poesia” (ricordate i Futuristi e le avanguardie storiche di Primo Novecento? Senza entrare troppo nel dettaglio, l’idea è quella…).

 

Sono poesie, non c’è dubbio. Poesie sui generis, ma pur sempre poesie. Poesie che potrebbero benissimo essere inserite in una qualunque antologia della poesia italiana dal secondo Novecento ad oggi.

 

latineloqui69