La memoria rende liberi

“La chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.

memoria rende liberi

 

Libro prezioso. Altro monumentum aere perennius della bravissima senatrice Liliane Segre, a cura di un grande giornalista come Enrico Mentana. Una emozionante autobiografia, un ricordo di un  periodo che ha segnato la sua persona, modificandola per sempre. Fuori e dentro. Soprattutto dentro.

Ma partiamo da titolo: geniale. Una riscrittura della vergognosa scritta presente all’ingresso di Auschwitz, Arbeit macht frei. In quel caso il lavoro non rendeva per niente liberi, anzi. Ma magari qualcuno dei deportati poteva crederci, mentre con disperazione e angoscia metteva piede in quell’inferno. In questo caso la Memoria rende veramente liberi. Libera tutti. Dall’ignoranza, dalla pochezza interiore e soprattutto dall’Indifferenza.

Passiamo al sottotitolo: La vita interrotta di una bambina nella Shoah. Difficilmente ho letto un tale accostamento ossimorico di parole chiave: vita, interrotta, bambina, Shoah.  Vita/interrotta, bambina/Shoah; ma anche vita/Shoah, bambina/interrotta.

E andiamo all’incipit: “Il 5 settembre 1938 ho smesso di essere una bambina come le altre”. Si poteva immaginare una frase migliore?

Da lì in poi, un narrazione toccante, in ogni capitolo. Tutto rigorosamente in ordine cronologico. Tutto rigorosamente narrato in modo interno. Non si potrebbe immaginare un’impostazione narratologica più efficace per simili contenuti. Da “Nascere ebrei” a “Ritornare alle origini”, una serie di 16 racconti quasi a sé stanti, tanto è forte la loro icasticità. Una serie di affermazioni shock per chi, come noi, non è abituato ad un simile contesto di orrore. Una per tutte: “Emerse in me un’altra consapevolezza: capii che non avevo fatto il mio dovere”. Una sopravvissuta, una “salvata” per puro caso e non per privilegio, che sente di non essere “a posto”, che percepisce all’improvviso (dopo decenni di mutismo e isolamento) di non aver fatto il suo dovere perché non è ancora riuscita a parlare di quello che ha patito. Così rinasce a nuova vita, per la terza volta: si sblocca e comincia a raccontare, davanti a platee sempre più ampie. E noi non possiamo che ringraziarla. Perché se “Parlare per lei è ancora duro. Ascoltare per noi è vitale” (Enrico Mentana, introduzione). Perché “è questione di pochi anni, e poi non ci saranno più testimoni in vita della Shoah” (ibid.).

E ricordiamo SEMPRE che “in tanti italiani chiusero gli occhi, si voltarono dall’altra parte o aiutarono attivamente: l’orrore vero per me è lì, al primo metro di cammino per i campi”, perché era in atto una vera “ipnosi di massa”. QUESTO non deve più ripetersi. MAI PIù!!!

Meditiamo, gente, meditiamo!