Il ladro di giorni

Il ladro di sogni

“Da grande non voglio essere né cattivo né stupido: voglio essere coraggioso”

 

Il ladro di giorni è un film del 2020 diretto da Guido Lombardi. Il soggetto del film ha vinto il premio Solinas nel 2007, mentre il romanzo che narra la medesima storia è stato pubblicato da Feltrinelli nel 2019.  La vicenda del film viene contestualizzata nel 2019, anno in cui il dodicenne Salvo (Augusto Zazzaro) rincontra suo padre Vincenzo (Riccardo Scamarcio), dopo sette anni di separazione in cui, morta la madre e in assenza del padre, lui è andato a vivere in Trentino con degli zii (per l’esattezza, la sorella della madre, suo marito e il loro figlio) trovando una famiglia accogliente e amorevole che lo fa vivere in serenità. Poi, il caos: il giorno della sua comunione, mentre gioca a calcio con i suoi compagni, stenta a riconoscere il suo padre “naturale”, Vincenzo, che è venuto a prenderlo perché, uscito di prigione, pretende, come suo diritto, di passare dei giorni con il figlio e di fare con lui un viaggio di ritorno verso la natia Puglia.  La prima reazione di Salvo quando il padre se lo porta via imperiosamente con la sua macchina scassata, è di totale di rifiuto e veri sono i suoi tentativi di fuga; solo pian piano quella repulsione lascia gradualmente il passo a un’intesa. Il problema, però, è che Vincenzo è ancora propenso a delinquere, e per i suoi scopi utilizza tutto e tutti, senza escludere nessuno, neanche suo figlio, perché “un bambino è meglio di una pistola”. Col tempo, tuttavia, sarà proprio il giovanissimo Salvo (dal significativo nome parlante) a diventare il veicolo di redenzione per quel padre scombinato e apparentemente arido, ma in fondo non del tutto privo di sentimenti e attenzioni.

In buona parte si tratta di una pellicola on the road in cui il lungo percorso in macchina è funzionale ad un parallelo viaggio psicologico e vari flashback ripropongono fatti e motivazioni dell’arresto del padre e sbiaditi ricordi del figlio. Impossibile non pensare ad un famosissimo precedente del genere: “In viaggio con papà”, con il titanico Alberto Sordi e un giovanissimo Carlo Verdone. Trama di tutt’altro genere, d’accordo, ma sulla stessa lunghezza d’onda: un rapporto pressocché inesistente tra padre e figlio che si costruisce e si cementa su una macchina, per strada, percorrendo chilometri su chilometri e vivendo esperienze di ogni genere.

Bravissimo ed intenso Riccardo Scamarcio, lodevole l’adolescente, che, pur giovanissimo, mostra una buona capacità di recitazione; non riuscitissima, invece, la definizione degli personaggi, che aderiscono troppo banalmente a cliché già sfruttati: sto pensando ai criminali con i quali Vincenzo collabora, agli zii di Salvo ed anche ad altre figure secondarie come le due turiste austriache che padre e figlio incontrano per casa: tutti sono ingenuamente delineati, come stereotipi del loro ruolo. Un po’ scontata, forse, la penultima scena, con un omicidio a sangue freddo e alla luce del sole che “tronca” troppo all’improvviso la vicenda… Bellissima, invece, la scena finale, che insiste sul rapporto padre-figlio e su ciò che lasciamo ai nostri figli: una nostra parola, un nostro gesto, un’azione svolta insieme, un nostro incoraggiamento possono essere la chiave di volta della loro crescita…

Geniale la scelta del titolo, con un’espressione, apparentemente strampalata, che viene fuori da uno dei più intensi colloqui tra padre e figlio…

In sintesi, un film da non perdere! Per riflettere e per scoprire i veri valori della vita, quelle “poche cose che valgono davvero”.