Va’ dove ti porta il cuore

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“Opicina, 16 novembre 1992”. Questo l’incipit del romanzo.

Si tratta, infatti, di una lunghissima lettera che un’anziana donna, nonna Olga- certa di non aver ancora molto da vivere-, scrive alla sua giovane e lontana nipote per due motivi principali: cercare di colmare il divario tra lei e la nipotina- dalla quale è sempre stata molto lontana principalmente a causa del divario dell’età- ma soprattutto lasciarle un insegnamento di vita, ricavato dalle sue numerose  esperienze (aveva vissuto quasi un secolo di storia).

Questo è il senso della sua lunga narrazione, una vera e propria autobiografia: la sua giovinezza, il suo matrimonio con un uomo molto più grande di lei e mai amato, ma neanche odiato (“Lo odiavo? No, ti parrà strano ma non riuscivo ad odiarlo. Per odiare qualcuno bisogna che ti ferisca, che ti faccia del male. Augusto non mi faceva niente, questo è il guaio; è più facile morire di niente che di dolore, al dolore ci si può ribellare, al niente no”), il suo innamoramento per Ernesto, il suo concepimento di un figlio con lui e la lucida decisione di farlo passare per figlio del legittimo marito. Si trattava di Ilaria, la mamma della sua nipotina…

Ed ecco il senso dell’explicit: “E quando davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quella prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta (…). Stati ferma in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta”.

Molto azzeccata l’impostazione epistolare, romantico il rapporto nonna/ nipote.

Unica puntualizzazione: l’espressione “Gnosei seautón” citata nel testo in greco non esiste. Si dice- tutti i grecisti lo sanno bene- “Gnothi seautón“. Ma è ben poca cosa, rispetto alla bellezza dell’opera tutta!

latineloqui69