Le Egloghe di Dante

Le Egloghe di Dante Alighieri

egloghe-danteLe Egloghe sono due componimenti di carattere bucolico scritti in lingua latina da Dante Alighieri tra il 1319 ed il 1320 a Ravenna: Vìdimus ìn migrìs albò patiènte litùris di 68 versi e Vèlleribùs Colchìs prepès detèctus Eòus di 97 versi, composte in esametri. Dante si rivolge a Giovanni del Virgilio, lettore di poesia latina presso l’Università di Bologna, che con una epistola di carattere oraziano, il Pýeridùm vox àlma, novìs qui càntibus òrbem, aveva invitato il poeta del “carmen laicum” disprezzato dai dotti (cioè la Commedia) a scrivere un “carmen vatisonum“, cioè un carme di carattere eroico, per conquistarsi i letterati e ottenere la corona d’alloro.

Dante risponde al letterato con un’egloga di tipo virgiliano dove immagina che il pastore Titiro (nome di chiara derivazione virgiliana- in realtà addirittura teocritea…- sotto il quale si nasconde Dante stesso) e Melibeo (altro nome tratto dal maestro Virgilio, sotto il quale si cela il giovane Dino Perini, esule fiorentino) mentre si trovano a pascolare il gregge ricevono l’epistola di Mopso (altro nome virgiliano, sotto il quale si nasconde Giovanni del Virgilio). A Melibeo che vuole conoscere il contenuto della missiva, Titiro dice che il maestro lo invita a cingersi d’alloro e aggiunge che ne sarebbe felice ma non a Bologna e per il genere di poesia che vorrebbe il dotto, ma sulle rive dell’Arno e per la sua Commedia.

A questa egloga Giovanni del Virgilio risponde a Dante con Fòrte sub ìnriguòs collès, ubi Sàrpina Rhèno, e questa volta sotto forma di egloga virgiliana, rinnovandogli l’invito.

Dante risponde con una seconda egloga nella quale racconta all’illustre corrispondente delle numerose attestazioni  di affetto e stima che riceve a Ravenna e al pastore Alfesibeo (sotto il quale si cela il maestro Fiducio dei Milotti) che lo prega di non abbandonare i pascoli che egli ha reso famosi con il suo nome, Titiro risponde dicendogli che non se ne andrà mai da quel luogo pieno di pace e silenzio per recarsi in un’altra dimora.

Le Egloghe dantesche sono sicuramente un’ulteriore prova della modernità dell’autore della Commedia, alla continua ricerca di tutti i linguaggi ed i registri stilistici del suo tempo, per i quali è ritenuto dai posteri un “rivoluzionario” rispetto ai suoi contemporanei.  In effetti, se ci pensiamo bene, Dante risponde ad un’epistola in latino di Giovanni del Virgilio usando l’ecloga, che aveva una grande tradizione letteraria, ma non era certo una “forma letteraria” così in uso nel Medioevo… Perché?

La riposta in questo bellissimo video:

https://www.youtube.com/watch?v=w7kzG9xtpuU

All’interno del suo saggio l’autrice, Martina Michelangeli, trascrive le Egloghe con a fronte la traduzione in italiano corrente per permettere di ammirare la bellezza dei versi danteschi in ogni sfumatura stilistica e linguistica, anche ai non esperti del settore!

L’autrice

Martina-1

Martina Michelangeli, nata a Marino (Roma) nel 1989, dopo gli studi scientifici, la laurea in Lettere Moderne e la laurea Magistrale in Scienze del Testo, ha concentrato la sua attenzione sul campo critico-filologico, in particolare sugli studi danteschi. Ha pubblicato due saggi di critica con la Società Editrice Dante Alighieri (2012) e un saggio sullo studio delle rime della “Divina Commedia” (2014). Ha collaborato con il laboratorio di Scienze del Testo per la trascrizione del manoscritto del “Fiore”, opera attribuita a Dante Alighieri, e della “vida” e “razo” del trovatore Arnaut Daniel.

Dal febbraio 2014 cura eventi culturali con le “Letture di Dante”, che –mutatis mutandis– non hanno nulla da invidiare a quelle del Maestro Benigni!

Grande Martina!

latineloqui69