Fa quel che può, quel che non può non fa

Maestro Manzi

Maestro Manzi

Ora dovrebbe essere ufficiale: non si tornerà a scuola a maggio. L’anno scolastico 2019-20 finirà così. Lo ha detto a  chiare lettere la ministra Azzolina l’altro ieri. Il problema è che ci ha chiesto di finire l’anno valutando, anche per premiare il lavoro fatto dagli studenti in questi tre mesi da incubo. Con voti veri. La domanda è: cosa si intenderà con l’aggettivo “vero”?

Noi docenti sappiamo cosa si intende con “voti veri”, ma il problema è come fare a concretizzarli in questo periodo di reclusione forzata, chiusura delle scuole e didattica rigorosamente online.

Come facciamo a valutare quello che gli studenti stanno o non stanno facendo? Dovremmo valutare il fatto che abbiano o non abbiano degli spazi propri (una cameretta personale, se non addirittura uni studio) in cui concentrarsi! Oppure il fatto che abbiano o non abbiano dentro casa una connessione valida (fibra o quant’altro) che permetta loro di stare collegati in modo ottimale tutto il giorno, scaricando tutto quello che i suoi docenti gli inviano da vedere/ ascoltare /leggere/ completare/ reinviare? Oppure il fatto che abbiano a disposizione dentro casa più pc, tablet o quant’altro, in modo da non dover “fare i turni” con mamma o papà in smart working?

Questo  a mio modesto avviso è molto poco professionale…

Mi viene in mente un celebre precedente professionale, il notissimo Maestro Manzi, che educò mezza Italia tramite una trasmissione televisiva, “Non è mai troppo tardi” (che potrebbe essere il corrispettivo del dio Internet dei nostri giorni…), in ben otto anni di puntate di grande interesse e rilevanza sociale, dato che quasi un milione e mezzo di oersone conseguirono la licenza elementare grazie a lui, Le trasmissioni avvenivano nel tardo pomeriggio, prima di cena; Manzi utilizzava un grosso blocco di carta montato su cavalletto sul quale scriveva, con l’ausilio di un carboncino, semplici parole o lettere, accompagnate da un accattivante disegnino di riferimento. Usava anche una lavagna luminosa, per quei tempi assai suggestiva. La Rai Eri, casa editrice della Rai, pubblicava materiale ausiliario per le lezioni, quali quaderni e piccoli testi. Più o meno quello che dovrebbe comiciare a fare Rai Scuola da domani mattina (guarda un po’…).

Poi però tornò all’insegnamento in aula, dietro una cattedra,  presso la scuola elementare Fratelli Bandiera di Roma, interrotto di tanto in tanto per delle campagne di alfabetizzazione degli italiani all’estero e per diversi viaggi in America latina per collaborare alla promozione sociale dei contadini più poveri. Tornò alla ribalta nel 1981, allorché si rifiutò di redigere le appena introdotte “schede di valutazione”, che la riforma della scuola aveva messo al posto della pagella; Manzi si rifiutò di scriverle perché, disse, «non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni». La “disobbedienza” gli costò la sospensione dall’insegnamento e dalla paga.

L’anno dopo il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le attese valutazioni: Manzi fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa uguale per tutti tramite un timbro; il giudizio era: “fa quel che può, quel che non può non fa”. Il Ministero si mostrò contrario alla valutazione timbrata, al che Manzi ribatté: «Non c’è problema, posso scriverlo anche a penna».

Un chiaro esempio di disobbedienza civile, in nome di un ideale.

Al di là del gesto… se immaginassimo di utilizzare delle formule del genere, per valutare impegno/ possibilità/ attività dei nostri studenti di questo sfortunatissimo anno scolastico 2019/2020?