Il lavoro nobilita l’uomo, null’altro!

La dignità delle persone

 

Un sabato sera come tanti altri.  Una cena come tante altre. In sottofondo uno dei tanti programmi di prima serata che mi piace seguire, “Le parole della settimana”, condotto dal bravissimo Massimo Gramellini.

All’improvviso vengo attirata dalle parole di un’intervista, una delle tante. L’intervistato è il Sig. Filippo, un operaio sessantenne rimasto recentemente senza lavoro a causa della chiusura dei lavori del Terzo Valico. Confessa senza vergogna il suo disagio sociale e personale, la sua mancanza di senso della vita. NON vuole passare per un fannullone, NON vuole il reddito di cittadinanza; rivuole uno stipendio. Come fa a non desiderare un sussidio che tanti aspettano come una manna dal cielo? Semplice: per lui vivere significa lavorare, perché  “il lavoro porta dignità” alle persone, non i soldi in sé! A lui piace svegliarsi alle quattro e mezza di mattina, uscire di casa e tornare stanco morto dopo dieci (!) ore di lavoro, dare un bacino (usa proprio il diminutivo!) alla propria moglie e andare a letto sereno. Questo gli dà la gioia di vivere, non altro. Capisce che quel provvedimento Pentaleghista possa essere atteso dai ventenni/ trentenni che non riescono ancora ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma non la considera una misura adatta a persone come lui. Anzi, a sessant’anni – dopo quarant’anni di lavoro- lo considera quasi un’offesa personale!

Come potremmo definire le persone come lui? Lavoratori. Uomini con dignità. Persone encomiabili. Modelli da imitare.  E meno male che ce ne sono tanti!  L’esatto opposto, lo “sdraiato” (per usare un termine che va molto di moda…), il parassita (ricordate l’etimologia esatta del termine? andate a rivederla: è illuminante!), il fannullone senza princìpi etici che si accontenta di trovare qualcuno da cui farsi mantenere è PER FORTUNA un’eccezione. Una triste eccezione.

latineloqui69