Fabiana Di Segni ci racconta Fatina Sed

Fabiana Di Segni

“Auschwitz ti si metabolizza dentro”

(Fabiana Di Segni)

Stamattina in Aula Magna uno di quegli incontri che lasciano il segno. Addirittura più del “tradizionale” incontro con un sopravvissuto ai campi di sterminio. Perché non è stato solo un incontro passivo, ma una vera e propria lezione interattiva, con noi spettatori coinvolti in prima persona in attività impegnative, che non dimenticheremo facilmente.

Ma andiamo con ordine.

Incontriamo Fabiana Di Segni, nipote di Fatina Sed, una donna miracolosamente sopravvissuta ad Auschwitz, che ormai non c’è più. La nipote ha preso il testimone della sua esistenza sia in senso letterale, prendendo in mano le memorie che la nonna ha lasciato del suo passaggio all’Inferno, sia in senso psicologico, cercando di tenere viva la fiammella della Memoria, perché ciò che ha vissuto la nonna non debba ripetersi. Mai più.

Dalla breve presentazione che fa di sé stessa, scopriamo che Fabiana nella vita è una psicoterapeuta e che probabilmente ha fatto questa scelta lavorativa  perché aveva subito compreso che c’era nella nonna un dolore nascosto. Lavora quindi molto con i sogni, sia quelli degli altri sia  i suoi. Infatti, come si legge nel libro, tanti anni  fa vide in sogno la nonna che le diceva di andare a vedere nel cassetto delle tovaglie: lì – con enorme stupore- trovò un blocchetto di fogli protocollo, le preziose  memorie di sua nonna che tutti avevano cercato invano in casa. Si rese subito conto di cosa fossero, ma non sapeva esattamente cosa fare. Anna Segre l’ha aiutata a farne buon uso e a trasformarlo nel bellissimo libro della nonna e sulla nonna: “Fatina Sed. Biografia di una vita in più”.

Ci racconta poi una serie di dati autobiografici, ad esempio il suo viaggio ad Auschwitz, che è stato per lei terribile: partecipava ad un documentario in cui figli e nipoti di deportati incontravano figli e nipoti di nazisti, ebbe la “fortuna” di fare la visita nel campo della morte  con una guida che conosceva esattamente i posti in cui era stata la nonna, quindi fu per lei un Inferno dal punto di vista psicologico: si sentiva come se fosse in presenza della nonna internata e in lotta con la morte ogni giorno. Per questo motivo almeno per  sei mesi rimase in silenzio assoluto: non riusciva a raccontare nulla di quell’esperienza. Questo ci dà ragione del fatto che molti sopravvissuti alla Shoah abbiano scelto di non parlare, non raccontare, seppellire dentro di sé, cercare di rimuovere l’inenarrabile. E non tutti – come sappiamo bene- ce la fecero: molti ebbero a soccombere di fronte a quell’enormità!

Poi la parola passa ai ragazzi, che sono capaci di porre una serie di domande impegnative e meno, ma tutte caratterizzate dalla sensibilità e dalla spontaneità degli adolescenti: “Come fa a raccontare tutto questo?”, “Non avrebbe preferito nascere” normale” invece che nipote di una sopravvissuta? “,” Ha conosciuto altri sopravvissuti? “,” Com’era il rapporto con Sua nonna? ” e altri quesiti del medesimo tenore e della medesima tenerezza. E Fabiana risponde, racconta, riporta in vita sensazioni, ricordi, emozioni, se stessa. Senza alcuna riserva.

Una docente poi ringrazia Fabiana della preziosità del suo libro, da lei letto in classe con i suoi studenti. Nel silenzio che merita. Perché nel loro animo germogli un pensiero prezioso. Un applauso sorge spontaneo: quella docente in quel momento è tutti noi, è il nostro animo, è il nostro vivere per capire.

Poi passiamo ad un gioco (gioco per modo di dire, come scopriremo solo alla fine dell’attività…): non svelo qui i dettagli perché immagino che Fabiana Di Segni potrebbe riutilizzare la splendida esperienza didattica in altri incontri con altre scuole fortunate come lo siamo stati noi stamattina.

Posso solo dire che è stata un’esperienza “forte”.

Posso solo dire che ci ha fatto riflettere, eccome!

Posso solo dire che io che sono una docente (anche di geostoria) non ho mai saputo immaginare un modo più efficace per spiegare ai miei studenti COSA sia realmente una DITTATURA. Sono certa che i miei studenti non lo dimenticheranno mai.

Una mia studentessa uscendo dall’aula magna, asciugandosi una lacrima neanche tanto dissimulata (perché nelle esperienze catartiche condivise non ci si vergogna con l’altro…), mi ha ringraziato (!) di averli fatti partecipare ad una cosa così bella.

In realtà sono io che ringrazio Fabiana Di Segni dell’esperienza che ci ha fatto vivere, nel segno della Memoria e dell’Humanitas.

Anche questo è scuola!

Meditiamo, gente, meditiamo!