Se il Sole muore

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“Questo libro è straordinario per la profondità e la minuziosità del lavoro” (dalla Prefazione di Mario Calabresi).

Pubblicato nel 1965 da Rizzoli e tradotto in undici Paesi, riproposto in versione tascabile nel 1981 e nella classica versione oro nel 2000 dalla Bur, Se il Sole muore è una meditazione senza filtri sulla tecnologia e la possibilità dell’osare umano. Si tratta di un corposo romanzo (34 capitoli divisi in due grandi sezioni) in cui Oriana Fallaci, ponendosi domande esistenziali che oscillano tra il senso comune e la morale, segue giorno per giorno le speranze, le ossessioni, le delusioni di un gruppo d’astronauti; eroi, falliti, titani, forse soltanto uomini alle prese con la più grande avventura del secolo: la conquista della Luna.

Nell’esergo al libro si cela il senso più profondo della riflessione della Fallaci:

A mio padre che non vuole andar sulla Luna

perché sulla Luna

non ci sono fiori né pesci né uccelli.


A Teodoro Freeman che morì ucciso da un’oca

mentre volava per andar sulla Luna.

Ai miei amici astronauti che vogliono andar sulla Luna

perché il Sole potrebbe morire.

È un’ambientazione sospesa, rarefatta, ai limiti del fantascientifico, quella di Se il Sole muore: l’erba è di plastica e indistruttibile, i robot circolano liberamente per le strade, il forno parla, ci si sposta soltanto in elicottero e non è rimasta traccia degli odori «inutili» della natura, del mondo prima della svolta tecnologica. È una versione inedita – e quasi apocalittica – della Los Angeles di fine anni Sessanta a far da sfondo all’incontro tra Oriana Fallaci e gli astronauti che si stanno preparando allo sbarco sulla Luna.
L’accurato resoconto scaturito dal confronto di due modi antitetici di leggere la realtà si inserisce nel dibattito dell’epoca, e si basa su alcuni dolorosi interrogativi: è giusto andare sulla Luna? E se invece si trattasse di un gesto stupido, avventato? Se inseguendo il sogno di conquistare la Luna rischiassimo di perdere tutto il resto?
In un mondo sconvolto dai frenetici cambiamenti dello sviluppo scientifico, dove gli strumenti elettronici rendono tutto possibile e la ricerca spasmodica di un «annullamento» dei tempi allontana da quello che la Terra era stata fino a pochi anni prima, la Fallaci è testimone degli esperimenti che astronauti e scienziati americani portano avanti nel miraggio dello sbarco sulla Luna, e dello scontro generazionale di chi in esso scorge una sconfitta anziché una speranza. La scrittrice è a tal punto coinvolta nei progetti dei suoi amici astronauti che Pete Conrad portò con sé in orbita una foto di Oriana in compagnia della madre Tosca e, sbarcando sulla Luna, pronunciò una frase che la stessa Fallaci aveva scritto ad hoc.
Al posto del Sole che potrebbe morire, sinonimo di vita, di natura, di animali fiori e piante, ora si trova soltanto il fioco bagliore della Luna, rifugio estremo e simbolo di un’evoluzione che rischia di cancellare tutto quel che il mondo è stato, eliminando la passione, l’arte, la poesia, e non lasciando più spazio all’uomo.
Meditate, gente, meditate.
(Liberamente tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera)
latineloqui69