La città dei ragazzi

CITTà_RAGAZZI
Davvero un libro bello, accattivante e speciale!
Un po’ difficile da seguire la trama, che alterna metodicamente la cronaca delle giornate scolastiche presso la Città dei ragazzi, la narrazione di un viaggio in Marocco, con un professore ospite curioso di due suoi studenti,  e la ricostruzione, sul filo labile della memoria e con la voce del cuore, della storia del padre dell’autore, amato e odiato allo stesso tempo, “riconquistato” agli affetti dopo la sua morte e compreso appieno solo al raggiungimento dell’età matura.
Sullo sfondo un intreccio ingarbugliato di co- protagonisti, gli alunni del prof. di turno, un benefattore dell’umanità persa e nascosta di tanti ragazzi “speciali”.
Lo confesso, la mia impressione del libro è però “condizionata” dallo speciale punto di vista: quello del Prof., convinto sino in fondo della sua speciale “missione”!!!
Gradevole la prosa.
Eraldo Affinati si conferma un grande scrittore.
QUALCHE PASSO SIGNIFICATIVO:
> A PROPOSITO DEL RAPPORTO DOCENTE/ DISCENTE
  • “Mentre i ragazzi discutevano, io sembravo il rappresentante dell’Occidente industrializzato, il figlio spirituale di Robespierre. I miei scolari erano i vecchi saggi, gli araldi del Feudalesimo, i conservatori. Io il rivoluzionario, loro i tradizionalisti. Io il tecnologico, loro i luddisti. Ma ecco, mi stanno già superando, lanciati a tutta forza verso i cellulari e gli MP3. Non li riprendo più”
  • “Anche per questo i miei scolari sono persone speciali. Non riuscirò a raccontare la storia di ognuno. Ma voglio cominciare così: con la mano sul cuore”.
    > A PROPOSITO DEL RAPPORTO GENITORE/ FIGLIO:
  • “Diventare padri del proprio è possibile soltanto quando lui scompare, nel momento in cui ci affranchiamo dalla condizione di figli”
  •  “Cominciai a pubblicare qualche articolo sui giornali e lui prese a collezionare i ritagli. Leggeva i miei scritti compitandoli, non so neppure fino a che punto riuscisse a comprenderli: chino sul tavolo da pranzo, le spalle curve, il naso aquilino, si avvicinava al quotidiano con la tipica soggezione di chi non ha studiato, come se quelle lettere appartenessero a un mondo visto da lontano, un’isola misteriosa abitata da esseri umani impegnati a discutere di argomenti astrusi, sulle cui rive non era mai sbarcato. Non analizzava il contenuto del testo. Ciò che davvero gli interessava era la firma in calce. Solo quella”.
  • I nomi e dati  da ricordare:  Alì, Mohammed, Francisco, Ivan.
  • Hanno quindici, sedici anni.
  • Vengono dal Maghreb, dal Bangladesh, da Capo Verde, dalla Nigeria, dalla Romania, dall’Afghanistan.
    … per riflettere.

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