…Finché il sole risplenderà sulle sciagure umane

Felice te che il regno ampio de’ venti,

Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!

E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole Egée, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode Retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte:
nè senno astuto, nè favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
chè alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Tròade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della Giulia gente.
Però che quando Elettra udì la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: E se -diceva-,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama.
Così orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio; e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa 
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne
sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troja il dì mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo,
ove al Tidide e di Laerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno;
ma i Penati di Troja avranno stanza
in queste tombe; chè de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi! presto
di vedovili lagrime innaffiati.
Proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti 
e santamente toccherà l’altare,
proteggete i miei padri. Un dì vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far più bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.

FOSCOLO,Carme  Dei Sepolcri, vv. 213 ss.

 

La quarta e ultima sezione (vv. 213-fine) del carme Dei Sepolcri di Foscolo è dedicata al potere eternante della poesia e alle Muse che la ispirano, facendo da custodi dei sepolcri, animandoli di un canto che «vince di mille secoli il silenzio» (v. 234). Il poeta di Zante introduce la sua riflessione sulla poesia eternatrice servendosi del mito e arrivando alla conclusione “sillogistica” per cui, come la tomba garantisce, con la sua concretezza materica, così il ricordo dei defunti, la poesia si fa testimone di una forma di memoria ancor più duratura: un ricordo che durerà imperituro, ovvero “finché il Sole/ risplenderà su le sciagure umane”. 

Ho imparato ad amare questa chiusa del carme dal momento in cui l’ho sentita citare nel fantastico film di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù, ma ne ho sempre apprezzato la foza espressiva: all’interno di un quadro desolante di materialismo meccanicistico per cui nulla sopravvive alla morte se non il ricordo, la forza della poesia (in maniera chiaramente oraziana) “vince di mille secoli il silenzio”!

Magistrale Foscolo!!!

latineloqui69