Anche Franca Valeri ci lascia…

Cento anni da gran signora… 

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Da stamattina, da quando si è diffusa la triste notizia, su Facebook si sono rincorsi post su post. Neanche la somma di tutti, secondo me, potrebbe riuscire a sintetizzare quello che Franca Valeri è stata per la televisione italiana, per il cabaret e il cinema italiano, per l’Italia, per noi tutti…

Il ricordo più bello, secondo me, è in un post appena pubblicato da  Mario Calabresi sulla sua pagina Facebook (in cui potete trovare il testo completo) perché si avvicina MOLTO alla mia idea di quello che la Signora Valeri è stata…

Vi lascio quindi alla lettura di questo prezioso ricordo della “Cesira nazionale” da parte del grande Calabresi: bello e delicato non solo perché ben scritto, ma soprattutto perché sa di secolo scorso, di buona educazione e di sani principi…

<< Dieci anni fa andai a trovarla, volevo che fosse parte del mio libro “Cosa tiene accese le stelle”, mi accolse a casa sua e accettò di giocare al gioco del tempo perduto di farmi l’elenco delle cose che le mancavano. Si sedette e cominciò a guardarsi intorno. La prima cosa che mi presentò era il servizio da tè d’argento che aveva ereditato da sua madre, era perfettamente lucido, brillava da quasi ottant’anni. «L’argenteria è il simbolo di un tempo che fu, del tramonto di una borghesia, del dissolversi di tradizioni, riti e di una certa educazione. Trovo avvilente che siano scomparsi i regali di nozze, adesso gli sposi chiedono di pagare una quota del viaggio ma questo vuole dire ricevere dei soldi. È molto brutto farsi pagare perché ci si sposa. Ho sentito dire da un’amica che è una cosa simpatica: “Gli regali un assegno così ci possono fare quello che vogliono…”. A me non sembra simpatico per nulla, e poi i regali di norma rimanevano, servivano a ricordati un momento, una persona». Poi mi indicò il muro: «Si usano sempre meno le carte da parati, le hanno sostituite con la pittura, non capisco perché, visto che mettere una carta era cosa facile e nemmeno troppo costosa. Ma il vero delitto è che sono scomparse quelle di stoffa, quelle ricamate, quelle con i disegni. E le poche rimaste non sono di consolazione perché purtroppo sono molto decadute». Rimase un po’ in silenzio, forse pensando agli amici che si erano seduti negli anni su quei divani: «È scomparso il dopo cena, è passato di moda. Peccato, era un modo per raccontarsi le cose, parlare dei figli, della villeggiatura, era il tempo giusto per conversare. Mi ricordo che si servivano i biscotti assortiti delle scatole inglesi, i marrons glacés, i liquori che si tiravano fuori dal mobile bar. Ma esistono ancora i mobili per gli alcolici?». Di fronte a lei c’era una vetrina piena di oggetti di porcellana o d’argento: animali, piccole statuette, fiori. «Gli oggetti ci sopravvivono, gli dedichiamo più tempo che a qualunque amico ma è giusto così perché rappresentano la continuità. Era tutto di mia madre, negli ultimi anni della sua vita aveva paura di rompere qualsiasi cosa per colpa delle mani incerte, ma non voleva che la aprisse nessuno, nemmeno le donne di servizio, così aspettava che andassi io e mi chiedeva di aiutarla a pulire». Si fermò e con finta ingenuità mi chiese: «Non si dice più donna di servizio vero? Sono cosciente che è considerato non corretto, come se a dire colf si cambiasse la natura del lavoro, è sempre la stessa cosa e l’idea di servizio non capisco perché sia da considerare negativamente». Smise di guardare in giro per concentrarsi sul film della vita, tornando fino agli Anni Venti, quando era una bambina: «E’ scomparsa la villeggiatura con tutti i suoi riti. Quella che durava mesi, dalla fine della scuola, a metà giugno, fino agli ultimi giorni di settembre: prevedeva settimane di preparativi, il viaggio in treno con i bauli, i saluti, le lettere e le cartoline. Oggi non sappiamo più neppure cos’era, adesso al massimo si parte per dieci giorni, anche se devo ammettere che allora non era per tutti, mentre oggi è una cosa di massa». «Ogni stagione aveva il suo vestito, adesso ci sono solo l’estate e l’inverno, sono finite le sfumature, i passaggi intermedi e con loro gli abiti per le mezze stagioni, con quei nomi desueti: il soprabito, il paletot… Un tempo andare a fare acquisti era una cosa seria, si sceglieva con cura, non si comprava con l’idea che tanto presto si sarebbe gettato tutto. Il punto di partenza è che non esistono più i fornitori, cioè i negozianti di fiducia, quelli di famiglia. Così come non esistono più le clientele, non quelle dei negozi almeno, oggi passi davanti a una vetrina, entri e compri. Quando ti dovevi comprare una cosa sapevi esattamente dove andare, a chi rivolgerti, ogni oggetto e ogni necessità avevano un indirizzo preciso e sapevi con certezza se lì fosse meglio arrivare con il tram o in macchina. E non si andava a fare shopping, ma si andavano a fare le commissioni. Così come sono scomparse tutte le manutenzioni. Esiste forse ancora l’arte del rammendo?». Franca Valeri mi faceva l’elenco di un mondo perduto ma non aveva nessuna amarezza, solo una dolce nostalgia: «Se si guarda indietro – continuò socchiudendo gli occhi – l’elenco è lungo: è scomparso il “Lei”, quello che per tutta la vita si dava ai suoceri. Mi irrita questo uso automatico del “tu”, accade con chiunque, dopo un attimo. Mi irrita perché si ostentano rapporti amichevoli e fraterni in un’epoca ostile alla fratellanza. È una cosa falsa». Non le piaceva questo mondo in cui tutti apparentemente vogliono essere amici: «A partire dai genitori con i figli: una cosa deleteria. Un’educazione è necessaria e i contrasti sono una cosa positiva: è giusto che ci siano scontri tra padri e figli, aiutano a crescere, a farsi un carattere, a formarsi un’identità distinta. Invece i genitori si spaventano e per paura di perdere il rapporto “amichevole” diventano arrendevoli e permissivi. Bel capolavoro ma soprattutto un pessimo regalo ai propri ragazzi. Ci si vuole raccontare che tutto è semplice, facile, che la fatica può essere eliminata dalle nostre vite». (…) >>

Che quadro delicato! Che donna d’altri tempi! Che personaggio eccezionale… Che altro dire? Grazie, Franca. Nient’altro.

Anche Franca Valeri ci lascia…ultima modifica: 2020-08-09T22:10:55+02:00da latineloqui69
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