La lingua salvata

“Nulla era sembrato tanto sgradevole quanto quella stanza piena di regali”

Primo libro letto del 2020: La lingua salvata, di Elias Canetti.

Avete presente quando un libro è da sempre sulla vostra libreria, ma non avete mai avuto l’input giusto per leggerlo? Ecco: è proprio quello che è capitato a me per questo romanzo. Mai avrei immaginato di scoprirvi un libro su una tematica a me cara, la discriminazione degli Ebrei nel primo Novecento.

Ma andiamo con ordine. Il sottotitolo, “Storia di una giovinezza”, fa capire che si tratta del primo volume di un’autobiografia in più volumi. La struttura di questo volume è costituita da cinque parti, ognuna delle quali ambientata in un diverso luogo e tempo, dal 1905 al 1921. Così noi ritroviamo il piccolo Elias Canetti  nel contesto di un “bel tempo antico”, in un mondo felice e spensierato che ancora non aveva scoperto le devastazioni delle guerre mondiali. Le sue giornate nella cittadina danubiana si susseguono senza affanni o preoccupazioni di sorta, occasionalmente scandite dalle festività religiose e da pochi altri eventi di rilievo; scopriamo l’amore del piccolo Elias per la lettura, comunicatogli dalla madre, lo stupore verso il mondo degli adulti, con le sue regole incomprensibili e impenetrabili, ma più di tutto l’affetto per i genitori e i fratelli minori. E poi conosciamo l’Elias studente, che si approccia agli studi liceali con il comportamento tipico degli adolescenti (“Le lezioni mi sembravano una gran noia, perché non ci trovavo nulla da imparare”), ma innamorandosi della mitologia (“c’erano personaggi che mi erano antipatici esclusivamente per il nome che portavano”), conoscendo insegnanti diversi, dai quali assorbe cose diverse (“ogni cosa che ho imparato dalla viva voce degli insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l’ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine”) e che guarda con occhi adolescenziali (…”e poi il segreto in cui rimane avvolto il resto della loro vita, in tutto il tempo durante il quale non stanno recitando la loro parte davanti a noi”), senza mancare di evidenziare quel tratto che rende tutte le classi vive: il momento dell’imitazione satirica o buffonesca dei prof. (“In ogni classe si trovano compagni che lo imitano benissimo e che li mimano per gli altri; una classe senza qualcuno che imita gli insegnanti avrebbe un qualcosa di morto”).

E ancora: il rapporto di Elias con la madre, un rapporto fatto di odio e amore, di venerazione e di contrapposizione, di gelosia filiale nei confronti della madre/donna.

Quanta verità! Quanta modernità!

Si tratta sicuramente di un Classico della letteratura!

Intelligenti pauca 😉