12-08-1944

Monumento ossario S. Anna di Stazzema

Monumento ossario S. Anna di Stazzema

 

Altra triste ricorrenza: 75 anni dall’eccidio di S. Anna di Stazzema. Non si tratta certo di un ricordo felice. Tuttavia noi lo onoriamo cercando di non dimenticare.

Non dimenticare non solo per puro gusto della conoscenza in sé, ma per avere contezza del significato dei gesti. Perché un eccidio del genere può essere immaginato (e purtuttavia non giustificato) SOLO in un contesto bellico! E come si entra in guerra? Non certamente a cuor leggero, ma in una strada fatta di imperialismo, nazionalismo, sovranismo, razzismo. Nel perseguire l’idea della necessità per sé di uno spazio vitale più ampio o nella certezza della superiorità della propria razza (ma anche semplicemente del proprio Paese) rispetto all’Altreo, il Diverso, l’Inferiore, l’Indegno.

A quel punto è un susseguirsi di enormità: attacchi, persecuzioni, eccidi di massa. Tutto ha un senso in quell’ottica bellica, purtroppo.

Perciò ripassiamo un po’ di Storia, quella con la S maiuscola.

Il 12 agosto 1944 a S. Anna di Stazzema capitava l’inimmaginabile.

Dato che all’inizio dell’agosto 1944 quel paesino era stato qualificato dal comando tedesco come “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati, la sua popolazione, in quell’estate, aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba di quel 12 agosto tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle 7.00 il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.

Invece i nazisti rastrellarono i civili, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra, bombe a mano, colpi di rivoltella e altre modalità di stampo terroristico.

La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni (23 luglio-12 agosto 1944). Gravemente ferita, fu rinvenuta agonizzante dalla sorella maggiore Cesira (Medaglia d’Oro al Merito Civile), miracolosamente superstite, tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell’ospedale di Valdicastello.

Infine, incendi appiccati a più riprese causarono ulteriori danni a cose e persone.

E addirittura non si trattò di rappresaglia (ovvero di un crimine compiuto in risposta a una determinata azione del nemico), come il tristemente noto Eccidio delle Fosse Ardeatine, tanto per fare un esempio: come è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia, infatti, si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola con il terrore. L’obiettivo era proprio quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.

Serve aggiungere altro? Sono sicura di no.

Anzi, una cosa potremmo aggiungerla: esiste un libro su quella tragica giornata, scritto da uno dei “miracolati”, che nonostate tutto riuscì a salvarsi, Enio Mancini. Potremmo acquistarlo e leggerlo. Per star male? No, per non dimenticare.

Io lo faccio sicuramente! 😉

 

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Libro di Enio Mancini

 

Fonti: www.wikipedia.org

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