“d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male”

S. Lorenzo

La notte di S. Lorenzo

GIOVANNI PASCOLI, X Agosto

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

“X agosto” è una poesia composta da Giovanni Pascoli in memoria del padre Ruggero, ucciso il 10 agosto 1867 a fucilate in circostanze misteriose (ma probabilmente da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di amministratore della tenuta dei principi Torlonia). Le indagini non arrivarono mai a una conclusione e il delitto rimase irrisolto.

La poesia fu pubblicata per la prima volta ne “Il Marzocco” del 9 agosto 1896, quindi a molti anni di distanza dalla tragica vicenda; successivamente venne inserita nella quarta edizione di “Myricae”, nella sezione “Elegie”, secondo il significato antico del termine Ἐλεγεῖα, che sicuramente non sarà sfuggito al colto poeta.

Dunque, a conti fatti sono troscorsi ben 123 anni dalla sua pubblicazione. Praticamente la conosciamo più o meno tutti. Eppure ogni volta che ho l’occazione di sentirla mi soffermo ad ascoltarla in religioso silenzio, come se potessi scoprire di essa qualcosa che ancora non so. Fa parte dei programmi scolastici ministeriali (più o meno orientativi) da sempre. La leggiamo quindi da sempre ai nostri alunni e studenti. Eppure ogni volta che ho la fortunata occasione di farlo mi emoziono (e i miei studenti più attenti e osservatori se ne saranno sicuramente accorti…). Perché? Perche la poesia trasuda amore filiale e allo stesso tempo celebra l’idea del nido come nessun’altra. Solo un’altra poesia (peraltro legata alla stessa tragica vicenda) può esserle comparata per resa: “La cavalla storna”.

Ma torniamo alla nostra. Innanzitutto va dato attto al poeta di una grandissima capacità poetica, se è riuscito a creare questa bellissima immagine del cielo che piange per un evento tragico.

A livello strutturale la poesia  si compone di sei quartine di decasillabi e novenari, con rime alternate secondo lo schema ABAB. La sua struttura (come in quasi tutte le poesie pascoliane) è ben studiata e costrituita da perfette rispondenze: dal punto di vista del senso e del contenuto la prima strofa si lega all’ultima in una perfetta struttura ad anello, mentre le strofe centrali si dividono in due, dedicate alla rondine e due all’uomo. La prima strofa crea un senso di aspettativa, di una rivelazione che avverrà nell’ultima strofa e che ci passa un nuovo senso della notte di San Lorenzo e delle sue stelle cadenti. Inoltre, anche a livello narratologico, mentre la prima e l’ultima strofa di X Agosto sono riflessive, nelle strofe centrali il tono si fa narrativo e il poeta racconta due episodi che, seppur carichi di significati e riferimenti, si presentano prima di tutto come racconti di due eventi tragici. E anche le figure retoriche sono collocate ad arte: infatti nella prima strofa il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto, viene personificato e a lui si rivolge il poeta nell’incipit della poesia con una chiara apostrofe; così nell’ultima strofa il poeta si rivolge direttamente al cielo con un’altra apostrofe e gli attribuisce un’azione, la caduta delle stelle, e uno scopo, quello di evocare attraverso le stelle un pianto. Ovviamente non sono le uniche, ma non voglio ora dilungarmi con un lunghissimo e bellissimo elenco di figure retoriche, che qui annoierebbe.

Sicuramente la prima cosa che salta all’occhio alla lettura della poesia è il forte e pregnante uso della punteggiatura: moltissimi sono i due punti e le virgole, ma sono presenti anche vari punti e di punti e virgola. Il loro scopo è quello di creare frasi spezzate, ognuna delle quali sospende il discorso e rimanda la spiegazione, in un continuo rincalzo e rinvio alla parola successiva. Questo ha il fine ultimo di creare un ritmo franto e singhiozzante, quindi di simulare il pianto personale dell’autore o corale della famiglia.

Simile è il discorso che si può fare per le triadi, gruppi di tre parole una di seguito all’altra separate da virgole (“immobile, attonito, addita”, “sereni, infinito, immortale”): la loro funzione è la stessa della punteggiatura, cioè quello di creare un senso di frantumazione e un ritmo singhiozzante.

Nella poesia  sono presenti molti evidenti riferimenti al martirio di Cristo, in particolar modo nei termini che il poeta sceglie per parlare delle morti della rondine e dell’uomo. In genere quando chiedo agli studenti di reperirli me li sanno indicare praticamente tutti senza indugio. Essi sono: “Spini” (v. 6), “Come in croce” (v.9), “Perdono” (v. 14), ma anche “Dono” (v.16), il più difficile da individuare e da spiegare.  E a questo punto mi viene  puntualmente fatta una domanda (sempre la stessa: credo che sia significativo…): “Prof., perché solo due bambole? Perché il padre non porta niente a Giovanni? In fondo era anche lui un bambino, a 12 anni si ricevono ancora giocattoli dai propri genitori…” E qui si parte con le interpretazioni più disparate: il padre non avrebbe amato abbastanza Giovanni, il padre avrebbe fatto disparità tra figlie femmine e figlio maschio, il padre considerava il figlio troppo grande per ricevere doni… E chi più ne ha più ne metta…

La domanda successiva in genere la faccio io: “Perché secondo voi il cielo è lontano”? Anche qui si fanno le ipotesi più varie: dalla lontananza fisica (il padre è steso a terra, quindi il cielo è lontano rispetto alla sua posizione) a quella religiosa e psicologica (il cielo è lontano perché Dio non lo ha aiutato a sopravvivere). Anche qui, entrambe le interpretazioni sono più o meno valide, specialmente se consideriamo che sono fatte da studenti…

Ma è anche evidente che il poeta – da figlio sofferente e prematuramente orfano – ha voluto paragonare la morte del padre a quella di Cristo, probabilmente per sottolinearne l’innocenza. Ma in questo paragone c’è di più. Le immagini di Cristo, così come l’analogia con la rondine, ci fanno andare oltre la vicenda autobiografica dell’autore e rimandano alle vicende dell’universo intero. Il dolore della rondine ci dice che anche la natura soffre, mentre il dolore di Cristo è il segno che il male è comune a tutti gli uomini e colpisce persino Dio, dal cui dolore deriva il pianto del cielo, la bellissima immagine con cui si apre e si chiude – ad anello- il componimento.

Sicché possiamo dire che il male e il dolore sono personali e universali allo stesso tempo: tutti gli esseri viventi soffrono. Questo è un bellissimo e significativo esempio del pessimismo pascoliano, che non ha “nulla da invidiare” a quello leopardiano: secondo Pascoli, infatti, la sua vita è triste a causa di  sfortunate vicende personali, ma anche nel mondo che lo circonda si trova in condizioni simili.  Emerge infatti una solo apparente contrapposizione tra il cielo e la terra: quest’ultima è il luogo del male (“atomo opaco del male”) sul quale il cielo versa impotente le sue lacrime, con un gesto che è allo stesso tempo di cordoglio e di sdegno, perché la terra ospita sia le vittime che i carnefici, coloro che subiscono il male e coloro che lo fanno.

Tuttavia abbiamo una speranza! Come per Leopardi la ginestra è la nostra illusione, per Pascoli potrebbe essere la rondine e l’idea del nido che essa richiama.

Quindi stasera, quando- come da tradizione- andremo a vedere le stelle della Notte di S. Lorenzo, pensiamo alla poesia pascoliana e all’improvviso quell’osservazione si caricherà di significato religioso e umano, ancor più che scientifico!

Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli

 

Fonti: Wikipedia l’enciclopedia libera, sololibri.net (liberamente riveduti e integrati)

Immagine di Pascoli tratta da Libriantichionline.it