Al Dio che non conosco

Al Dio che non conosco

Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. È per questo che Desdemona non potrà mai vincere. 

Premesso che non si tratta di un libro che rientra nel mio genere di letture, va riconosciuto all’autrice, la giovanissima Valeria Cassini, una fervida immaginazione narrativa, che le ha fatto dar vita ad un romanzo tanto originale quanto difficile da “incasellare” in un genere letterario tradizionale; esso, infatti, ricorda per certi versi nel genere fantasy, ma ha indubbiamente qualcosa di più: la dimensione onirica, l’incubo onnipresente, l’ambientazione visionaria, il viaggio nell’abisso dell’abiezione umana.

La protagonista, una Laura “qualsiasi”, è una ragazza “spezzata”, alla ricerca di sé, della vita, del mondo intero, che si trova catapultata in una realtà che non capisce (e il lettore ancor meno di lei), che incontra persone “altro-da-lei”, che sprofonda in un abisso caratterizzato da sesso animalesco e droghe di ogni genere, forse come forma di ribellione alla morbosa educazione che le è stata imposta dai genitori, o meglio dalla madre. E così, nel suo viaggio attraverso mondi paralleli, Laura perde affetti, assiste e/o partecipa inebetita ad omicidi efferati, conosce i tratti della Follia, si approccia al Male assoluto.

Il tutto nel tentativo di salvare. E di salvarsi. Si tratta quindi anche di una sorta di romanzo di formazione in chiave moderna, molto moderna.

Dal punto di vista narratologico, la lettura risulta limpida e scorrevole, grazie alla sintassi più che corretta e allo stile espositivo chiaro e icastico, persino nelle scene più crude, nelle quali sarebbe stato facile scadere nel triviale e nell’osceno.

Molto originale anche l’impostazione narrativa, che varia continuativamente focalizzazione e narratore stesso, come anche la forma espositiva, che alterna -senza farli stridere- la narrazione espositiva, la descrizione onirica, la pagina di diario, la confessione intimistica, il dialogo serrato, la citazione letteraria e/o filosofica. Il tutto condito da enormi quantità di suspence, come in ogni romanzo psicologico che si rispetti.

Molto bello il sostrato culturale che si nasconde dietro tanto fervida immaginazione (Dante e Baudelaire in primis), che fanno evidentemente da “faro” all’autrice e alla sua visione della vita.

E poi la sua personalissima visione di Dio, che dà il senso vero al titolo del romanzo, e che qui ovviamente NON sveleremo! 😉

Quindi una lettura “tostossima”, ma molto originale! E arrivando alla fine il lettore scopre che Tutto ha un senso!

Complimenti all’autrice!

Se il buon giorno si vede dal mattino…

 

latineloqui69

 

 

 

 

Al Dio che non conoscoultima modifica: 2019-06-10T21:47:58+02:00da latineloqui69
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