ORAZIO, ODI, III, 30
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non aquilo impotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
Non omnis moriar multaque pars mei
vitabit Libitinam; usque ego postera
crescam laude recens, dum Capitolium
scandet cum tacita virgine pontifex.
dicar, qua violens obstrepit Aufidus
et qua pauper aquae Daunus agrestium
regnavit populorum, ex humili potens,
princeps Aeolium carmen ad Italos
deduxisse modos. Sume superbiam
quaesitam meritis et mihi Delphica
lauro cinge volens, Melpomene, comam.
Mai fu composta più bella celebrazione dell’eternità della poesia; mai un autore fu più orgoglioso del suo essere poeta e più certo del suo destino di gloria eterna. E non a caso l’ode è la n° 30 del III libro: posta a chiusura dei tre libri, a mo’ di sphragìs greca ed ellenistica e a mo’ di contrappunto alla bellissima ode premiale, di cui riprende persino il metro.
Leggiamo in traduzione la parte più significativa:
“Ho costruito un monumento più perenne del bronzo e più alto della regale mole delle piramidi, che né la pioggia corrosiva né il fortissimo aquilone o l’innumerevole serie degli anni e lo scorrere del tempo potrebbe distruggere. Non morirò del tutto e una gran parte di me eviterà Libitina (…)”.
Che dire, poi della bellissima espressione “postera/ crescam laude recens”? Una sorta di significativo adynaton che dice tutto! Come si fa a crescere rimanendo sempre giovani grazie alla lode dei posteri? Semplice: se si conquista l’immortalità, l’eternità di fatto! Proprio quello che fa la poesia di ogni tempo per la sua stessa natura… E che le cose stiano esattamente così lo dimostriamo noi lettori del III millennio, che dopo tanti secoli continuiamo a leggere la sua bellissima produzione e ad emozionarci per simili messaggi…
P.S. Non vi viene in mente il grande Foscolo?
latineloqui69