Lo stupidario della Maturità

TITOLO COMPLETO: Lo stupidario della Maturità.  Ovvero: come restare immaturi e vivere felici

stupidario

Si tratta di un bellissimo e argutissimo libro scritto nel 1991 da Mitì Vigliero Lami.

Maria Teresa Bianca Agata Anita “Mitì” Vigliero Lami  è una giornalista, scrittrice, poetessa ed umorista italiana.

Laureata in Lettere moderne, ha insegnato nella scuola secondaria, per poi avvicinarsi alla scrittura attraverso composizioni poetiche e collaborazioni sulla letteratura italiana con riviste letterarie (ResineCromoramaOttonovecento).

Nel 1991 ha pubblicato Lo stupidario della Maturità (nelle intenzioni un pamphlet accusatorio nei confronti della scuola italiana) che si è rivelato un piccolo caso letterario diventando un best seller della narrativa umoristica; quest’inattesa veste letteraria le è valsa, in seguito, un doppio premio al Salone Internazionale dell’Umorismo di Bordighera.

Dalla sua esperienza di insegnante ha tratto anche il saggio “Maturità, poesie in prosa”.

Tramite vari social media, Vigliero Lami è presente con suoi scritti (rubriche su siti, articoli, commenti, critiche di costume, ed anche un blog personale) anche sul web.

In realtà, pur essendo passati ben 25 anni, ciò che è “vecchio” è solo la denominazione dell’esame finale del corso di studi, che da tempo non è più “Esame di Maturità”, ma “Esami di Stato”. In realtà, nell’immaginario collettivo quel “rito” conclusivo restano sempre “esami di maturità” e rappresentano per tutta la vita uno dei nostri sogni più ricorrenti. Avete presente la scena iniziale del fortunatissimo film “Immaturi”? Proprio quella! A chi non è capitato?

In quest’opera, l’autrice dimostra di conoscere BENISSIMO quel momento “sacrale” di fine percorso didattico…

Riportiamo solo un estratto (liberamente  accessibile sul web):

GIOVANNI IL PIZZOSO,

ITALO L’INETTO,

LUIGI IL MATTO
di
Mitì Vigliero Lami

Raduno insieme i tre grandi romanzieri, accomunati da un’unica infelice sorte; quella di comparire nei programmi d’esame insieme alla lettura integrale delle loro opere. Il Verga con I Malavoglia, Svevo con La coscienza di Zeno e Pirandello, solitamente, con Il fu Mattia Pascal.
Trattandosi di prosatori, lo studio dei loro testi, nonché la loro interpretazione, risulta abbastanza abbordabile dagli studenti.

Ho detto “abbastanza”, sia ben chiaro.

L’elegante termine “pizzoso” riferito a Verga ha origine dall’esclamazione che sgorga spontanea ogniqualvolta gli studenti sentono nominare I Malavoglia: “Uffa, che pizza!”.
Giovanni verga era “un siciliano mal ambientato a Milano perché siciliano”: così se ne torna a casa “dove si sente molto più importante e si mette a scrivere cose sulla vita dei pescatori poveri che non potranno mai, per colpa dell’ostrica e del suo ideale, diventare ricchi e nobili come lui”.

Nei Malavoglia l’argomento di particolare difficoltà è quello dei “lupini”. Tutti li nominano, ma cosa siano nessun lo sa:

-Commissaria: “Che cos’è la Provvidenza nei malavoglia?”
-Esaminanda: “Barca”
-Commissaria: “Ssssì…E poi? Chi c’era sulla Provvidenza?”
-Esaminanda: “Bastianazzo”
-Commissaria: “Va bene, ma cosa trasportava la Provvidenza oltre Bastianazzo?”
-Esaminanda: “Lupini”
-Commissaria: “(Sospiro) Allora?! Che succede?”
-Esaminanda: “Naufragio”
-Commissaria: “Oh! E Bastianazzo?”
-Esaminanda: “Annega”
-Commissaria: “E i lupini?”
-Esaminanda: “Morti tutti”

Un altro diciottenne invece affermò trionfante che sulla Provvidenza “c’era un carico di lupare”, svelando in tal modo gli oscuri traffici del boss ‘Ntoni, il quale aveva un figlio che si chiamava Bastianazzo “perché era grande e grosso come un bastione”.
Come dei Promessi Sposi, anche dei Malavoglia è richiesta all’esame la lettura completa; ma pure in questo caso gli studenti barano. Si comprano un “bignamino”, leggiucchiano qualche riassunto qua e là apprendendo superficialmente. E i risultati si vedono.
Un giorno che, stanca di sentirmi ripetere sempre le stesse cose, domandai di essere edotta sul personaggio dei Malavoglia nomato Piedipapera, venni scambiata per una tipa in vena di scherzi: “Ma prof.! Mi sta prendendo in giro, lo so! Piedipapera è un personaggio dei Puffi!”. Accennando invece in classe a Tigre reale, storia della passione morbosa tra una donna sensuale e un giovane senza nerbo, mi capitò di sentirmi porre la domanda: “Ma come facevano, se lui era senza nerbo?

(…)

Italo Svevo e Luigi Pirandello sono gli unici autori dell’intero programma di Maturità che i ragazzi amano sinceramente, studiandoli con grande interesse e serietà. Il motivo? Forse perché ambedue parlano di follia e quindi si avvicinano assai al normale stato mentale degli studenti sotto esame.
Nonostante tutto, però, la stupidata talvolta piomba implacabile:

“A me è piaciuto molto l’Enrico IV quando lui prima è matto sul serio, poi fa finta di essere matto per far diventare matti gli altri, poi diventa matto di nuovo e uccide Belcredi condannandosi a diventare infine matto per sempre.”

“Così è se vi pare è una storia troppo incasinata per raccontarla.”

“Trovarsi è la storia di Donata Genzi, un’attrice che si è persa e non si trova più.”

“L’uomo dal fiore in bocca stava seduto in un bar, aspettando la moglie che non arrivava mai e tenendo un fiore tra le labbra: per questo attirava la curiosità della gente.”

“Il protagonista de Il berretto a sonagli, per contestare la società e la famiglia, intraprese la carriera di jolly.”

“Mattia Pascal era talmente sfortunato che avrebbe fatto meglio a gettarsi davvero a fiume.”

Come al solito, i futuri analisti sanno dare spiegazioni logicissime del “perché” delle cose: “la moglie di Pirandello impazzì e questo fu per lui una fortuna perché in tal modo trovò la grande tematica ispirativa della sua opera: la follia.”
Non solo, ma il Luigi “viveva in una villa che si chiamava il Caos per via della situazione creata in casa dalla malattia della moglie”. Un maturando scrive:“Pirandello afferma che non è vero che chi è pazzo sia matto; sono gli altri i veri matti, lo dico per esperienza personale” e un altro nello stesso tema ribatte “Enrico IV era fuori come un poggiolo”.

Il “vedersi vivere” di Pirandello è una sorta di fenomeno paranormale, dato che significa “sedersi da una parte e vedersi camminare dall’altra”.

“Nel celebre Saggio sull’Umorismo Pirandello dice che noi siamo cattivi perchè ridiamo solo per cose tragiche, senza alcun rispetto per il dolore altrui”: siamo insomma tanti Franti, l’infame che sorrise…

Nell’Esclusa l’autore condanna “l’ipocondria della società” e “Così è se vi pare ha come morale: fatevi i cavoli vostri”. Poco aulico, ma incisivo.

Abbandoniamo Luigi per dedicarci tutti a Italo:
“Scrisse Senilità, descrivendo la demenza dei vecchi” “Nelle sue tre opere possiamo vedere la maturazione caratteriale dell’autore: in Una vita il protagonista si uccide perché è un inetto. In Senilità, sempre per inettitudine, si rinchiude in se stesso. Nella Coscienza di Zeno resta sempre un inetto, però se ne frega.”

All’esame:

-Commissario: “Cosa vuol dire l’U.S. di cui Zeno parla?”
-Esaminando: “Unità Sanitaria”
-Commissario: “Scherza?”
-Esaminando: “Ah sì, che scemo… Volevo dire Unites States!”

Eppure Svevo all’Ultima Sigaretta dedica un capitolo intero…

Per concludere, occupiamoci della biografia di Italo Svevo; per i maturandi è estremamente semplice:
“Nacque a Trieste, che in quel tempo si trovava in Austria.”

“Si sposò con una donna molto più giovane di lui perché gli facesse da mamma.”

“Tentò più volte di scrivere libri e avere successo, ma gli andò sempre male.”

“Quando finalmente divenne famoso, morì.”

Amen.

Fantastico!

(dati biografici tratti da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

latineloqui69