L’innocente

« Io credevo che per me potesse tradursi in realtà il sogno di tutti gli uomini intellettuali: – essere costantemente infedele a una donna costantemente fedele. »
(Gabriele D’Annunzio, L’innocente)

 

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L’innocente è un romanzo scritto nel 1892 da Gabriele D’Annunzio (all’anagrafe d’Annunzio, nome con cui usava firmarsi), dal 1924 Principe di Montenevoso. È il secondo dei cosiddetti “Romanzi della Rosa”, con Il piacere e Il trionfo della morte. Esso rappresenta, secondo molti critici, una “fase intermedia” tra quella dell’estetismo (ben rappresentato dal primo romanzo) e quella del superomismo (ben rappresentato dal terzo), una sorta di fase di passaggio.

La narrazione dell’opera è in prima persona ed inizia con una confessione del protagonista ai lettori, non ai giudici, ad un anno dal delitto. Non si tratta di un pentimento sincero dovuto al rimorso, ma uno sfogo di tensione. Poi avviene il racconto della vicenda in analessi.

Tullio Hermil, ex diplomatico e ricco proprietario terriero, è da sette anni marito di Giuliana, dalla quale ha avuto due figlie. Uomo dai gusti raffinati e privo di moralità, ha un temperamento inquieto e sensuale e tradisce la moglie continuamente. Una grave malattia di Giuliana sembra riavvicinarlo a lei, ma è un’illusione. Quando poi, veramente pentito, Tullio torna da lei, apprende che la donna lo ha tradito a sua volta e aspetta un figlio dallo scrittore Filippo Arborio; il protagonista comincia a nutrire odio verso “quel figlio non suo”, sin da quando il bambino è ancora in grembo alla madre. Il nascituro viene visto dai due (e non solo da lui…) come un elemento di disturbo del loro improbabile amore. Ma la gravidanza è difficile e i coniugi (entrambi, esattamente…) sperano che il bimbo muoia prima di venire alla luce, oppure lo uccideranno loro stessi, sollevandosi da un grave problema. Venuto al mondo l’innocente, Giuliana si fa- da non credere…-  silenziosa complice del piano disumano del marito. Tullio, approfittando della breve assenza della governante, espone il bambino al gelo di una notte natalizia. Questo ovviamente si ammala e muore poco dopo, fra la disperazione dei parenti e dei servitori.

L’innocente è anche un film del 1976 diretto da Luchino Visconti, con i bravissimi Giancarlo Giannini e Laura Antonelli, all’epoca giovanissimi, come protagonisti. Da notare il fatto che, pur nel sostanziale rispetto dei tratti principali della personalità del protagonista – il superomismo, l’ateismo fiero, lo spirito raziocinante, anticonformista – Visconti introdusse nella sceneggiatura significative differenze rispetto al romanzo di D’Annunzio, “…sino ad un ribaltamento del testo di partenza e del suo assunto.” Si nota in primis un maggiore distacco della narrazione: non è Tullio, il protagonista, a raccontare in prima persona, come, invece, avviene nel romanzo; diversi sono i personaggi femminili nel film;  nel romanzo, Tullio sopravvive al suo crimine; nel film, invece,  “…è lui stesso a giustiziarsi attraverso il suicidio: un gesto che… appare come una vera e propria messa a morte operata dall’autore”. Due opere distinte, dunque, diverse ma complementari.

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(Liberamente tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

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